Cinema: la recensione di “American Assassin”

Mitch Rapp ha 25 anni e una fidanzata di cui è innamoratissimo. Ma il giorno in cui le chiede di sposarla, la ragazza rimane vittima di un attacco terroristico da parte di un gruppo di fondamentalisti islamici. Da quel momento l’unica ragione di vita per Mitch diventa quella di vendicare la sua morte, e a questo scopo si allena quotidianamente, impara l’arabo e trova il modo di intrufolarsi in una cellula terroristica. Tutto questo zelo non passa inosservato: la CIA lo recluta per compiere missioni di alta pericolosità, dando così inizio alla sua carriera di superagente segreto. Ma Rapp, come verrà semplicemente chiamato da quel momento, ha bisogno di un mentore, e il migliore sulla piazza è Stan Hurley, veterano della Guerra Fredda (Mymovies.it). L’assunto del film diretto da Cuesta è molto interessante, ovvero la vendetta personale contro il terrorismo islamico. E bene fanno sperare i primi 30 minuti, con Mitch che dopo l’assassinio della fidanzata impara l’arabo per fingere di diventare un martire jihadista. Peccato che poi il film prenda un’altra direzione, e diventi a la Jason Bourne ma molto meno riuscito. Bravissimo come sempre Michael Keaton.

di Gianluigi Lanza

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