Ciacarare modenese: al Sugamàn, tutti ne conosciamo almeno uno

Sugamàn, in italiano asciugamano. Maschio frivolo, inaffidabile, ottuso, insignificante, allocco, ebete, pasticcione, vacuo, puerile, chiassoso e grossolano. Ah, dimenticavo…amatissimo dalle femmine, soprattutto quelle di secondo o terzo pelo. Se infatti le giovanissime ancora puzzolenti di liceo o università subiscono il fascino del professorino intellettuale radical-shit forforoso e gobbo, col dente ingiallito dalle Gitanes, la Clark’s consunta e la giacca di velluto a coste larghe con le toppe sui gomiti (di solito un über-sugamàn che al di fuori della sua materia non sa una minchia di niente, ma dato che gli preme solo la sua materia è convinto di sapere tutto), il fascino irresistibile del total-sugamàn, il sugamàn ‘nature’, risiede proprio nella completa mancanza di suo significato alcuno, quindi per la tardonazza Milf materna e porcona si rivela un contenitore carnale ed emotivo appetitosamente sgombro che le permetterà di riempirlo di attenzioni ed effusioni a proprio piacimento.

Possiamo quindi tranquillamente indicare il sugamàn come il toy-boy ante-litteram. Ma da dove diamine proviene suddetto bizzarro termine? Gli esegeti del sugamàn fanno risalire l’origine del vocabolo a varie fonti popolari, prima tra tutte l’adagio reggiano ‘acqua bagna sugamàn leva’, con riferimento a quei babisti che per nettarsi le mani si bagnano con l’acqua per poi scrostare via il sozzume con l’asciugamano, lasciandolo insudiciato per l’orrore della rezdòra. Ma un’altra possibile origine – molto più affascinante – sgorga direttamente dal modo di dire modenese ‘éser al pòver fiòl d’al sugamàn’, che sta ad indicare un soggetto venuto alla luce dal grembo di una giovane e vivace popolana a seguito di un malaugurato contatto della immacolata (ah ah ah!) ciccia baffina della stessa con un perfido rimasuglio di liquido seminale lasciato da qualcuno di passaggio sul il tessuto dell’asciugamano usato per detergere l’altrimenti purissima bubbazza. Quindi sugamàn va letto come ‘figlio di nessuno’ o, con maggior precisione, ‘figlio di un bidè’.

di Stefano Piccagliani

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