Ciacarare Modenese. Fiera di San Geminiano: la zanglèda e il zavaglio

Zanglèda, in italiano: innasata o, per essere precisi, deflorazione posteriore. Vocabolo che pare prenda il nome dal capitano d’industria cinese Zhang, traducibile con ‘Riccastro mandorlato a capo di impero economico che dopo aver promesso mari e monti non ha comprato nessun pulcioso giocatore per l’Inter’. Alle nostre latitudini, il termine è relativo soprattutto a un oggetto acquistato alla Fiera di San Geminiano (vedi zavaglio) caratterizzato da obsolescenza programmata della durata di 10 massimo 15 minuti, manufatto quindi inutile di fabbricazione scassa che non svolge la propria funzione. Ci possono essere la zanglèda casalinga, la zanglèda di abbigliamento, la zanglèda tecnologica. La dinamica è la seguente: ciò che appariva miracoloso ad una prima occhiata sulla bancarella del cioccapiatti, nell’esatto momento dell’ingresso in casa si rivela, immancabilmente, una zanglèda. A questo punto il zavaglio viene riposto in un luogo tattico in attesa di venire buono per riffe/tombole dell’Epifania successiva o per essere usato come corpo contundente da lanciare sul cranio di chi parcheggia davanti al nostro cancello o passo carraio.

Pare ci siano paesi che sulla zanglèda hanno costruito un abnorme impero economico (Cina, of course), anche se ogni cultura e società sviluppa in modo autonomo le proprie zanglèdi. La zanglèda è dietro l’angolo proprio quando, paradossalmente, si pensa di trovarsi davanti ad una grande occasione. Tornando al zavaglio, ovvero l’oggetto della zanglèda, l’utilizzo di codesto vocabolo può riferirsi anche ad un essere umano di totale inutilità nel cosmico insieme dell’universo circostante, come si evince dalla frase ‘La fiòla ed Gibertèin la fà l’amòr con un zavài divorzié sèinza ‘na lira’ oppure ‘Al fiòl ed Gibertèin l’ha mulè so mujèra e al s’è mèss con un zavài brasilian ed desdòt àn’ (in questo caso, se pronunciato da rezdora in coda in rosticceria, con zavài si intende una giovane puledra mulatta dalle forme curvacee tipiche della rivista statunitense Playboy).

di Stefano Piccagliani

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