Ciacarare Modenese: il chegadùur, un disturbo della personalità

Chegadùur: ‘colui che caga duro’. Persona arrogante e insolente affetta da senso di superiorità. Il chegadùur spesso è anche cagaròt, ovvero amante dello sfoggio altezzoso e dalla boriosa alterigia. Il chegadùur è pure tacàta, naturalmente, anche se in questo caso è meglio parlare di tacalìt. Fatto sta che costui vive l’intera sua esistenza in assetto da guerra, è di solito caratterizzato da innaturale rigidità, pancia in dentro e petto in fuori, sguardo a denti stretti, espressione schifata nei confronti del creato, emanazione di antipatia spray dalle ghiandole sudoripare. Questa sua severa legnosità lo rende temutissimo da chi lo incrocia, ma lo penalizza in ambito di evacuazione intestinale, dato che il suo organismo, costretto da un cocciuto intorpidimento emotivo, è in grado di produrre soltanto grossi ciottoli callosi di infrangibile materia fecale, o pietrisco nella migliore delle ipotesi, che il chegadùur decanta al prezzo di sanguinose espulsioni scheggiando l’incolpevole Richard Ginori.

In un convivio sociale, ad esempio ad una cena, il chegadùur appare nervoso e scostante a causa del disagio che prova in zona emorroidale quando si ritrova seduto. Sorprende constatare, data la sua incapacità a farsi apprezzare dal prossimo, che sovente il chegadùur si accompagna ad una femmina di pregiate qualità estetiche, non di rado anche simpatica e cordiale, per la quale il chegadùur stravede. Ella infatti è l’unica, grazie al suo potere seduttivo e alle sue malìe erotiche, che può portare un po’ di rilassato agio al dramma espulsivo del compagno, riuscendo ad ammorbidirne la rigidità facilitando la fuoriuscita di sinuosi passatelli marroni che altrimenti apparirebbero come inscalfibili fossili rocciosi. L’agio però dura poco, anche in questo caso a causa delle grazie femminee della compagna. Il chegadùur è infatti notoriamente molto geloso, perciò ad ogni apprezzamento maschile diretto alla sua bella subisce via via raffreddamenti di bile magmatica che dà luogo ad ossidiana, basalto o pomice e per cui, dopo, non c’è cremina che tenga.

di Stefano Piccagliani

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