Ciacarare Modenese. Il grido di guerra dell’egoista: ‘gnù mè gnù tòt’

Atto d’imperio di strabordante egotismo, gnù mè, gnù tòt (venuto io, venuti tutti) esprime con forza il disinteresse del maschio Alfa per il fato del prossimo suo, il trionfo dell’ego sui destini del mondo intero. Rintracciabile soprattutto tra il favellare di popolani in età avanzata, l’espressione di chiara matrice erotico-genitale è applicabile anche ad altri momenti esistenziali, in quanto esprime l’attenzione soltanto per il proprio piacere e cinico distacco per quello altrui. Il significato è quello del classico ‘contento io, contenti tutti’, ma con una nuance virile di ben calibrata vis eiaculatoria, a sottolineare il bega-pride tipico del maschio dominante. Se in giovane età ci si sente ancora in qualche modo responsabili del cosiddetto ‘bene comune’ (ah ah ah! che ridere!), con conseguente partecipazione e condivisione morale, ecco che quando ‘la bèrba la fa stupéin’, ovvero il capello imbianca, la panza prolassa, la pistola s’imbarzotta e il tempo stringe, il personalismo egoista comincia a farla da padrone e l’altruismo, più o meno sincero, finisce nel cassonetto dell’umido.

La terza età segna infatti la caduta definitiva della catena del ciclo di vita all’insegna del politicamente corretto, quella fase che prevede l’ educata simulazione di preoccupazione per l’altro, il contegno delle proprie pulsioni più scimmiesche, la liberazione dai legacci delle buone consuetudini micro-borghesi, lo sbraco compiaciuto della propria scorrettezza politica, fino a quel momento tenuta faticosamente a bada ma che lo sbrodolamento della quale consegna lunghi attimi di intenso piacere a chi ne abusa. Nel definitivo sboronamento evidenziato dall’utilizzo di ‘gnù mè, gnù tot’, si percepisce anche l’eco delle mille innnasate subite alla ricerca del consenso altrui nel corso degli anni, che hanno comprensibilmente ridotto il nostro eroe ad un informe ammasso di putrido cinismo. La locuzione è rarissima nelle donne, immaginiamo per meri motivi di pudica cortesia. In realtà lo pensano, eccome.

di Stefano Piccagliani

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