Ciacarare Modenese. Il protagonista debosciato dell’oscurità: il biasanòt

Biasanòt: masticanotte, nottambulo, debosciato e dissoluto protagonista delle tenebre che rientra alle prime luci dell’alba dopo aver chiarito pistoni o ravanato femmine. Sorta di dandy vampiresco, o vitellone local, il biasanòt era il protagonista assoluto dell’after-dark modenese negli anni belli in cui tutto era meraviglioso, ovvero dalla metà dei fifties fino alla fine dei sixties, almeno secondo quanto testimoniano i biasanòt più esperti (vedi: i più in sclero).

L’urgenza di dover fare ritorno a casa al primo albeggiare era una fondamentale dichiarazione di sabotaggio degli schemi, soprattutto quelli provinciali. In soldoni significava sprezzo per le consuetudini borghesi, scriteriata tattica esistenziale, nessuna necessità di lavorare. Il biasanòt spesso era figlio di gente in pilla, riccastri o semi-riccastri che lo mantenevano, indulgeva nella deboscia con appetito, bazzicava night clubs o tavoli da gioco, trafiggeva prelibate gnocche cittadine con non-chalance, dilapidava fortune (non sue) in abiti modaioli o automobili di pregio, era noto a ristoratori, commercianti di polverine sudamericane e cravattari.

Il biasanòt, esattamente come il Gastone di petroliniana memoria, non aveva orrore di sè quindi sentiva che tutto gli fosse dovuto. Alla metà degli anni ’60 il biasanòt venne influenzato dallo zeitgeist contro-culturale proveniente da Carnaby Street e dalla California e si trasformò in beat, pronunciato bitt, scegliendo come suo habitat il bar Grand’Italia, base logistica delle sue scorribande narcosessuali. La mamma e il papà abbozzavano, mentre nascondevano i soldi nel materasso. Tutto finì a causa del post-68, quando parole come ‘impegno’, ‘occupazione’ o ‘partecipazione’ frantumarono i pilastri programmatici portanti della vita del biasanòt che si vide costretto a scegliere la clandestinità e a ‘lùgarsi’ in squallide birrerie provinciali o sordide discoteche come l’Inalca di Castelfranco, a ravanare mature spose nell’abitacolo dell’utilitaria presa dopo che la spiderina era finita allo strozzino.

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