Ciacarare modenese: impomarsi, quando qualcosa proprio non va giù

Impomarsi: mangiare qualcosa che rende ardua la deglutizione. Esempio colloquiale: ‘Il Tortino Porretta che ho mangiato stamattina mi ha impomato’. Situazione di imbarazzo durante l’inserimento nell’apparato digerente di cibi di particolare virulenza capaci di cancellare la salivazione e quindi la lubrificazione dell’impasto. A scopo di accrescere la drammaticità espressiva si può usare anche ‘impomazzarsi’, magari in eloquente tandem con una madosca. Prodotti cibari particolarmente impomanti possono rivelarsi soprattutto le merendine, destinate per la maggior parte all’infanzia e quindi ad umani dalle capacità digerenti atomiche in quanto ancora intatte. Le difficoltà nascono quando è un adulto ad affrontarne la vis impomazzante, come ad esempio nel caso del Buondì Motta il quale, se privato della tocciatura nel cappuccino o caffellatte con conseguente facilitazione dell’ inghiottimento, è in grado di tramutarsi in una sorta di amalgama invincibile con una peculiare predilezione ad attaccarsi al palato come una patellina su di uno scoglio marino.

A poco serviranno gli sforzi linguali per toglierselo: si dovrà agire di dito con nefaste conseguenze sul nostro aplomb. Il massimo coefficiente di pericolosità per quanto concerne la disfagia deglutiva a seguito dell’impomazzamento è però raggiunto dal savoiardo ‘a secco’, di cui mia nonna mi cibava nei giorni lieti della mia fanciullezza. Facendo leva sulla mia eterna tendenza auto-innasante alla ricerca solo della soddisfazione altrui, la nonna prese al balzo un mio frettoloso e superficiale commento ‘buoni questi savoiardi senza niente!’ (espresso per non deluderla) per cominciare ad acquistare intere scatole di biscotti savoiardi dalla consistenza di spugne secche buoni per ogni maledetta merenda, la quale immancabilmente si trasformava in un incubo mandibolare. Esseri demoniaci capaci in pochi millesimi di secondo di divenire un impasto ingestibile. Può essere utile auto-infliggersi la ‘manovra di Heimlich’, strozzandosi lo sterno fino a sputazzare il savoiardo.

di Stefano Piccagliani

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