Fémmna, in italiano: femmina. Esemplare femminile sensuale e desiderabile. Per non incorrere in equivoci non va definita dàna (donna) in quanto significa ‘donna di servizio’ (vedi proto-badante). Sin dai tempi più remoti, le mille sfaccettature e sfumature dell’universo femminile hanno sladinato la fantasia semantica del nostro teritòrio. Se la fémmna non dovesse sfoggiare particolari qualità estetiche, si può simpaticamente parlare di caràafa , nel caso sia un po’ in là negli anni si potrà dire caràafa carampàana o tarulìda. In presenza di signora/ina a cui la perfida Madre natura non abbia fornito un campionario alcuno di appetitose curve, ecco che andrà utilizzato il vocabolo tulèer, qualora la magrezza sia ben rappresentata da viso smunto e ossuto si userà il delicato epiteto chèevra.
Invece, la giovane e polposa rezdòra con forme da scaldabagno e scorte di adipe ben distribuito si guadagna un rispettabile spuslòta o magari un più vivace pagnutòuna, sempre che stia attenta a non esagerare con le mandibole e quindi tramutarsi in vagòun. La signorina minuta e graziosa è un dunlèin, spesso un ‘bel dunlèin’, dotato di, tipico commento, ‘un bel corpicino con tutte le sue cosine a posto’. Attenzione a non definirla dunlètta o dunlàtta, che ha nouances dispregiative. Se la dunlèina dimostra una certa vivacità erotica, si potrà definire ’’na farfalèina ch’ agh piéeṡ l artìccol’.
La birichina e paperina può essere denominata pulpàta, mentre la pallavolista sgraziata gamba lunga-spalla stretta sarà o ‘na cavalòuna o anche ‘na pèrtga. Colei che ha lingua lunga e pettegola diviene sparpèttla o anche spriclèina, chi possiede un culo più basso del seminterrato sarà un bascomèed, la dark lady vipera senza scrupoli è definita sanguèttla, l’apatica frigida è una papèina fràdda, la brontolona sarà ‘na pgnàta ed faṡóo’, la donna falsa è ‘na brèeṡa ṡmòorza mentre la bugiarda è ‘na bumbardèera. Adesso potete cercarvi nel caleidoscopio delle tipologie qui presentate e capire finalmente chi siete.
di Stefano Piccagliani
