Ciacarare modenese. L’esemplare modenese più ammirato e riverito: al sgnòr

Sgnòr, in italiano signore. Nel gergo modenese, termine riferito principalmente a uomo facoltoso completo di buone maniere, dall’aspetto severo e aristocratico, una rarità assoluta nel panorama umano locale ove la Dea della ricchezza si diverte spesso a premiare panzuti magliari carpigiani col prezzemolo tra i denti o rubizzi e sudaticci piastrellari sassolesi grezzi come il grès. Solitamente del sgnòr si aggiungeva ‘cl’ è padròun d’un sìt’, ovvero padrone di un sito, e qui non si tratta di sito internettiano ma di, ad esempio, un signorile palazzo del centro storico, magari corredato da antica acetaia fuori porta presso la quale passare liete domeniche soleggiate come un barone latifondista da Gattopardo.

Il sgnòr non va però confuso con lo sborone in bella mostra di se’ tra le vie centraiole, il quale viene gergalmente cacchinato col termine ‘cagaròt’. Il cagaròt infatti secerne sboroneria atta a ‘squasér l’invèddia’, sfoggiando rolexxini magari indonesiano-farlocchi, la Lacostina magari cinese ma col colletto tirato su (colletto in erezione), la scarpa ginnica di costosa marca e il troione import sotto braccio, magari lugando orrende situazioni debitorie con vari istituti di credito più o meno cravattari. No: il vero sgnòr produce riverenza attorno a se’, sprigiona eleganza patrizia, espelle blasonata supremazia, evita come la peste bubbonica le inutili e volgari ostentazioni di agiatezza, si accompagna ad altere dame prese in moglie in gioventù prime classificate a Miss San Prospero, delle quali le rezdòre adoranti sussurrano ‘da zòvna la psìva fèr l’atrìce o spusèr un princip…’. Sovente si era usi commentare la nascita di un pargolo dalle belle fattezze prodotto da pulciosi proletari od odorosi braccianti del contado dicendo ‘Al pèr al fiòl d’un sgnòr’, sembra il figlio di un signore, sottolineandone implicitamente la miserevole origine genitoriale. Molte le mamme che come monito alle figlie consigliavano loro ‘spòsa bein al fiòl d’un sgnòr, menga ùn in bulèta cumpàgn a tò péder…’.

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