Ciacarare modenese: un lupo mannaro in libertà, l’inascarito

Inascarìto (in dialetto inascarì): allupato, infoiato. Colui che prova grande desiderio di accoppiarsi con risvolti dolorosi. Scaturisce dal latino eschara, ovvero piaga: quella in cui l’inascarìto si trasforma per l’oggetto del desiderio, quella nei confronti degli amici costretti a sopportarlo, per finire con quella purulenta che si forma nelle mutande per la granitica tensione. Effetti collaterali: sguardo fisso sulla preda, respirazione appesantita da dispnoico sull’Everest, alveare nel cervello, abbondanza di forlana (saliva rappresa agli angoli della bocca che prende il nome dall’indimenticato Arnaldo interrogato da Di Pietro in tribunale all’epoca di Mani Pulite), continuo ricorrere con la mano a sistemare la paccottiglia intemperante.

Alcuni previdenti di facile inascarimento producono un pertugio funzionale scucendo la tasca della braga per meglio brandire lo scettro pulsante e tirargli il collo nel tentativo di sopire gli ardori ed evitare il carcere. Altri, per calmierare i bassi istinti carnacei, guardano le foto dei figli sul cell. o ricorrono all’ingestione di alcolici, sostanze vigliacche in quanto amplificatrici dell’inascarimento psicologico ma a cui consegue un verticale barzottismo detto ‘a straccio’, in cui lo scettro di cui sopra raggiunge la stessa consistenza della cotica di zampone.

L’inascarìto subisce un licantropesco effetto di rincretinimento dovuto alla naturale spinta biologica alla procreazione, soprattutto in presenza di sfacciata pippona seminuda con tacco-12, coscia marmorea polpaccio guizzante e slancio equino. L’inascarìto cade quindi in un cul-de-sac programmatico dato che l’esemplare per cui schiuma dalla bocca e si piaga nelle mutande è chiaramente in cerca di uno human-bancomat, preferibilmente anziano e che defunga in fretta, che garantisca un futuro sereno a lei e alla prole, da sopportare con sufficienza classy con l’ausilio degli addominali ‘a guscio di testuggine’ del preparatore atletico della palestra o dell’anaconda inguinale del maestro di Zumba.

di Stefano Piccagliani

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