Ciacarare Modenese. Un temutissimo sfregamento epidermico: il silacco

Silacco: più o meno doloroso segno lasciato sull’epidermide a seguito di un rovinoso sfregamento contro un corpo contundente vigliacco. L’articolo determinativo previsto è ‘il’, anche se certi ossessionati fans precisini dell’Accademia della Fuffa sostengono che si dovrebbe usare l’indeterminativo ‘lo’ come nel caso del gnocco (che due maroni…). Il silacco può venir procurato anche da un malaugurato incontro con pianta urticante, animale vescicante subdolo tipo la medusa, insetto malefico o altre diavolerie che quella giù di testa di Madre Natura ha approntato per renderci la vita un’infinita sequenza di silacchi, fisici o emotivi. Ad ogni modo la scaturigine più comune dei silacchi è l’urto sfregamentoso (non andate sullo Zanichelli a controllare sfregamentoso perché non c’è). Esempio colloquiale: ‘Boia d’un manda léder! Guarda qui che silacco che mi è venuto a prender contro al burter di un Babi sulla ciclabile! C’agh gnèsa otmèla càncher a lò e ala so ciclo!’.

Tra i silacchi più temuti e dolorosamente impattanti si annoverano quelli di colore rosso carminio o vermiglio lasciati nelle pieghe inguinali, soprattutto del maschio, da esecrabili elastici di venefiche mutande strette capaci di seghettare la pelle prossima alla delicatissima sacca scrotale con conseguenze funeste che si ripercuotono ad ogni minimo movimento della mano destra (…). Ma ancor più nefasto si rivela l’apparire di uno o più silacchi sulla carrozzeria dell’auto, magari causati da infelici contatti in cortile con ramoscelli turgidi di piante appena potate o, ancora peggio, dalla furia iconoclasta di chiavi o altri oggetti puntuti manovrati da vicini psicopatici per meri motivi di difficile convivenza condominiale, come si evince dalla frase ‘A iò truè un silàch long come al mè usèl in d’la fianchèda d’la mè pòvra Panda nòva, vaca ed ‘ne madosca impestèda lèdra…A m’è indavìs cal dev’ èser stè càl deficieint ed Gibertèin dal terz piàn, sòl perché agh cèv al post in curtìl tot i dè, oltre a so muièra…’.

di Stefano Piccagliani

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