Ciacarare modenese. Un vocabolo dalle tante sfaccettature: la romella

Romella: ‘nunc’ niciano (dal filosofo Nietszsxztsckhe o come cavolo). Nocciolo del frutto di tipo albicocchico o peschico o prugnico. Se viene usato il diminuitivo romellina, trattasi di tipico trastullo da stadio costituito da semi di zucca salati da sputazzare nel parrucchino di chi sta di fronte. Indimenticabile il compianto venditore di romelìne che fendeva ali di folla tra gli spalti dello stadio Braglia in tempi ben più gloriosi che si era guadagnato il soprannome di ‘Rommel’.

In realtà il vocabolo ha significati multipli nel lingo canarino. Con romella si intende la sostanza centrale di qualcosa, come suggerisce il dialettologo Stefano Moschi, la romella è accostabile al ‘garullo’, ovvero il cuore del problema. Esempio colloquiale: ‘Vècio as’rà tre òr ch’et ciacàr d’ansia, depresiòun, atàc ed pànic, che t’èt vo impichèr o sparèr in bàca… la rumèla dal descòrs l’è che’tt dèv ciavèr de piò…’.

In altri ambiti la romella sta a rappresentare una notevole grana, una seccatura nodale con prosciugamento di ogni linfa vitale presente nei testicoli che arrivano indi a ridursi a due aride sfere dalla macilenta siccità, come spiegava anche William Shakespeare: ‘Éser o ann’éser brìsa..quasta chè l’é la rumèla…’. Ma la romella, essendo multiuso, viene buona anche per descrivere certe peculiari caratteristiche canore sfoggiate da ugole canterine, come ad esempio mia nonna recensiva la cantante Nada, nota all’alba dei seventies per il brano ‘Ma che freddo fa’, come ‘quàla c’la canta cun la rumèla in bàca’.

Tale dislasia, ovvero particolare pronuncia delle parole quasi si parlasse o cantasse con una onnipresente romella in bocca, ha reso famosi anche altri performers (ad esempio Mario Lavezzi, che però più che una romella parrebbe avere depositata sul palato una cassa intera di albicocche), e caratterizza anche enunziatori normodotati nel momento in cui esagerano con l’alcool, esempio: ‘L’ètra sìra Gibertèin l’era andè in ghèga in osteria e a gh’era gnù ‘na rumela cà parìva che al dintèsta al gh’esa tìrè via tòt i dèint cun ‘na bàmba a màn…’.

di Stefano Piccagliani

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