In italiano faccia o, ancor meglio, ghigna. Il Devoto-Oli precisa che la ghigna in merito si presenta arcigna e sinistra, ma molte sono le gradazioni del vocabolo. Il termine ghègna viene principalmente usato quando si desidera mettere da parte ogni correttezza politica nel descrivere la propria o l’altrui faccia, come si evince dalla locuzione ‘A’t dàgh un papaign in d’là ghègna, cretèin’. Quindi non verrà utilizzato in casi di romantica sbrùsia dolcestilnovista, dove potrebbe stonare (Tanto gentile e tanto onesta pare la ghègna della donna mia quand’ella altrui saluta). Allo stesso modo si consiglia di fare attenzione a non utilizzare la voce nell’ambito errato, ad esempio in profumeria (Signora, vuole provare questa crema rinfrescante per la sua ghigna?). Diverso è il senso profondo del vocabolo quando sta ad indicare la grinta, la risolutezza, addirittura la sfacciata spavalderia, come nella frase ‘La muièra ed Gibertèin dàp c’la g’hà dmandé al divorzi la g’ha magna tòt i sold. Con tot i còren c’la g’ha fàt, puvràtt…mè a dègh c’agh vol na bèla ghègna…’.
In questo contesto ghègna assume una percepibile sfumatura di disistima, un’allusione a fattezze facciali che sottolineano lombrosianamente un piglio che merita di secernere soltanto disprezzo. Nell’estremo caso in cui la ghigna si riveli troppo ributtante per essere definita tale e il nostro sguardo fatichi a posarsi su quell’abominio facciale, ecco che si ricorre alla piacevole variazione ‘gròign’, nel senso di grugno, l’orrendo muso di cipiglio imbronciato che riporta inevitabilmente a quello del suino che si insmalta lieto nella brodazza. Il feroce cinismo locale e la spietatezza tipica di questi luoghi non si fermano certo davanti a nulla quando c’è da qualificare un brutto grugno, come risulta lampante nel caso della tipica frase idiomatica un tantino scorretta ‘A iò vest la nòra ed’ Gibertèin c’la g’hà avù un fiòl da càl pistulòun c’la spusè…al g’avrà du àn, pover ragazòl…un piò bròtt gròign…cumpàgn a so nòn…’.
