Ciacarare modenese. Una minaccia: incontrare un silabàri-piangerài-lima sorda

Silabàri: dall’italiano sillabario, ovvero prontuario per dividere le parole in sillabe. Nel vernacolo locale sta ad indidicare un chiacchierone patologico, un logorroico innamorato della propria voce il quale, per riportare un fatto, si diletta in miliardi di giri di parole solo per il gusto di dare aria ai denti e, invece di dividere le parole in sillabe, frantuma i maroni del prossimo in tanti frammenti.

Esistono vari tipi di silabàri (termine invariabile), tutti impegnati da mane a sera ad aggiungere particolari inutili per appesantire la narrazione. Non solo, molti silabàri annettono ai loro insopportabili resoconti invenzioni assolute, dettagli infondati, tanto per condire di sfumature a dir loro interessanti le loro espletazioni di inutile voce. In questo caso si dirà che il silabàri ‘al còunta dal ciavèdi ch’el fèrmen al trèno’. Spesso i silabàri, procedendo per tortuose spiegazioni infarcite di deviazioni tematiche, finiscono per dimenticarsi completamente di quello che volevano dire ma non importa, ciò che conta è riempire il silenzio di straziante eloquenza fino a rendere violacee e livide le scìacche scrotali del malcapitato che in loro si imbatte. Chi li impara a conoscere, sviluppa strategie finissime di elusione evitando zone ‘calde’ foriere di possibili incontri.

Se il silabàri è di tipo lamentoso, sofferente e piagnone, ma soprattutto dirige le sue lagnanze a problematiche di tipo economico, allora parleremo di ‘piangerài’. Il ‘piangerài’ è uno specialista del cruccio con secondo fine, ad esempio non pagare la sua parte davanti ad una divisione ‘alla romana’ di un conto al ristorante. Nel caso il ‘silabàri’ sia contemporaneamente un ‘piangerài’, nel caso si prodighi a motivare le sue ragioni fino allo svenimento del resto dell’umanità ecco che quindi parleremo di ‘lima sorda’, ovvero un silabàri noioso e assillante, visibilmente ‘piangerài’, protagonista di un costante lavoro ai fianchi atto ad ottenere qualche vantaggio stremando l’interlocutore/vittima.

 

di Stefano Piccagliani

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