Dal pallone alla pinsa: la storia di Pietro Rinaldi, ex giocatore di Modena Volley

Vent’anni di pallavolo ad alti livelli, con le maglie, tra le altre, di Ravenna, Parma, Cuneo e negli ultimi anni Modena, e poi, conclusa la carriera, invece di restare nel mondo del volley come tanti colleghi, ha deciso di cambiare radicalmente ed entrare in quello della ristorazione. Stiamo parlando di Pietro Rinaldi, ex libero di Modena Volley ed ora titolare della Pinseria Tre Farine di Piazza Roma. “In realtà il mondo del volley e dello sport in generale per me è bello da giocatore – spiega Rinaldi – diversamente è un lavoro come gli altri, dove hai tanti problemi da risolvere”.

Pietro come sei arrivato alla pallavolo di alto livello?
Avevo 17 anni e giocavo riserva in serie B. Un giorno organizzarono un amichevole con la serie A di Roma che voleva venire a vedere il titolare, della mia stessa età ma molto più forte di me. Arrivati al giorno della partita questo ragazzo preferì non giocare perchè disse ‘mi fa male il pollice’. Alla fine entrai in campo io, giocai una grande partita e presero me. Ad agosto si fece male il secondo centrale, giocai la prima di campionato e da lì ho fatto vent’anni di serie A. La cosa importante nella vita, e lo insegno anche ai miei figli, è riuscire a cogliere le opportunità, i treni migliori che passano.

Quando sei arrivato a Modena però giocavi libero…
E’ vero, ho fatto dieci anni da schiacciatore poi, quando ne avevo 28, mi ha chiamato Cuneo, che aveva una squadra molto forte, e mi ha chiesto di cambiare ruolo. Io ho fatto una scelta tecnica e di vita, ho cambiato, e ho fatto altri dieci anni di serie A da libero. A Modena ho giocato due anni a fine carriera e quando ho smesso mi sono stabilito qui, visto che i miei figli si erano ambientati e avevano già tutte le amicizie qui.

A livello lavorativo hai cambiato completamente ambiente…
Beh tutte le belle cose prima o poi finiscono e quella dello sport ad alto livello è una porta che quando si chiude, si chiude davvero. Io sono entrato subito in una azienda che si chiama Il Tramezzino.it, che mi ha consentito di fare tanta esperienza. Poi quattro anni fa, quasi per caso, ho iniziato a Milano Marittima un progetto legato alla pizza chiamato Piotto, ho aperto quattro locali e ho creato un mio laboratorio. Infine sono tornato a Modena e a maggio ho trovato questo bellissimo posto in piazza Roma, ho deciso di cambiare format e di chiamarlo Pinseria Tre Farine, che sono le tre farine con cui si prepara la pinsa romana (foto).

La tua esperienza nello sport di alto livello ti è servita per questa tua nuova attività?
Ti racconto un aneddoto. Il primo giorno in cui sono entrato nell’azienda Il Tramezzino.it il proprietario, dopo due minuti, ha chiamato una signorina che stava facendo i tramezzini, le ha dato 20 euro e le ha detto ‘vattene’. Lei gli ha chiesto il perchè e lui le ha risposto ‘io non voglio che chiacchieri’. Io, abituato al mondo dello sport in cui si è tutti amici, ci sono rimasto. Resto comunque dell’idea che anche in questo lavoro sia necessario il gioco di squadra. Io qui dentro non sono il socio-proprietario, ma sono come tutti gli altri. Tante volte sono i miei stessi collaboratori che aiutano me a crescere. Alle regole io preferisco il rapporto che si crea.

Piazza Roma sta diventando sempre più bella e vissuta…
L’ho detto qualche giorno fa anche col sindaco. Se i modenesi sono furbi, nel giro di poco tempo si riempiono anche tutti i negozi che ci sono dall’altra parte della piazza. E’ una piazza bellissima e credo possa diventare il salotto del food di Modena.

La classica domanda che uno si fa arrivando in piazza Roma e trovandosi di fronte alla Pinseria Tre Farine è “cosa è la pinsa?”.
Me lo chiedono tutti  e io spesso rispondo ‘mangiala e me la paghi domani’. La pinsa è una pizza romana fatta con tre farine, soia, mais e frumento, ha una idratazione dell’85% e una maturazione di 72 ore, motivo per il quale diventa molto più digeribile della normale pizza.

Possiamo definirla una sorta di pizza gourmet?
Ma sai, la dicitura gourmet è legata ai prodotti che ci metti sopra, se ad esempio al posto della classica margherita e del pachino usi dei prodotti diversi e un po’ più particolari. L’impasto però resta sempre lo stesso. E’ solamente un modo di dire.

Oltre alla pinsa, andando avanti, proporrete anche altre specialità?
Intanto da qualche giorno abbiamo inserito nel menù le insalate. Poi abbiamo diversi prodotti che potremmo man mano realizzare: il supplì romano, i fiori di zucca fritti, il panzerotto, che è anche più buono della pizza. Però, come in tutte le cose, devi prima testare e provare. Non è detto che più specialità proponi e più guadagni, anzi molte volte è il contrario. Per fare tante cose devi aggiungere tempo, personale, fornitura. Una cosa interessante della pinsa è che la puoi portare a casa cruda, con gli ingredienti che preferisci, e cuocerla tu nel tuo forno. A Roma, ormai, il 90% della gente se la porta a casa cruda.

 

di Giovanni Botti

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