Fare sport in sicurezza, ne parliamo col cardiologo Dottor Cappelli

Fare sport a livello agonistico o dedicarsi ad un’attività fisica molto intensa, porta sicuramente beneficio alla salute ma è bene conoscere potenzialità e limiti del nostro muscolo più importante, il cuore. Fino a che punto si può stare tranquilli facendo sport e quando invece può diventare un rischio? Ci risponde il Dottor Stefano Cappelli, direttore dell’Unità operativa di Cardiologia dell’Ospedale di Carpi/Mirandola.
Lo sport non rappresenta di per sé un fattore di rischio per morte improvvisa, ma agisce come trigger di patologie sino a quel momento non note. Si stima che l’incidenza della morte improvvisa nel giovane sportivo è circa 1:100.000, con genesi prevalentemente cardiaco-aritmica. Molti studi, condotti su atleti agonisti e su chi pratica attività sportiva, ci dicono che solo la prevenzione può arginare nuovi eventi fatali”.

Parliamo di screening? Di controlli generalizzati?
Sì. In Italia, già da molti anni, si pone particolare attenzione allo “screening” cui si deve sottoporre chi voglia praticare sport con finalità competitive. Il percorso passa attraverso una valutazione medico-sportiva che è già un ottimo filtro per individuare i soggetti a rischio. Visite d’idoneità sono richieste già dall’età pediatrica, a seconda anche dello sport praticato. Se da un lato, però, la Medicina dello Sport (supportata dalla Cardiologia Sportiva) è essenziale nell’ambito dello screening nella popolazione che pratica sport, c’è una buona fetta di individui che pratica attività ludico-ricreativa senza essere soggetta a controlli preventivi. Queste persone spesso raggiungono livelli di sforzo paragonabili, se non superiori, a quelli di una prestazione sportiva sfuggendo al controllo e come tali esposti a un maggiore rischio.

Quale è il rischio in base all’età? E quali esami fare per tutelarsi prima di fare uno sport intenso?
Negli atleti di età inferiore ai 30 anni l’entità di morte improvvisa è bassa e per lo più dovuta a malattie cardiache su base genetica. Sopra i 30-35 anni, la morte improvvisa è più comune e generalmente secondaria a una patologia coronarica. Sulla base di queste considerazioni, un Elettrocardiogramma di base rappresenta già un utile strumento per escludere certe patologie, così come un’attenta anamnesi correlata. La presenza di famigliarità per morte improvvisa, la comparsa di sincope (svenimento con perdita di coscienza), di dolore toracico o cardiopalmo (tachicardia anomala) durante esercizio fisico, sarebbero già sufficienti per procedere ad approfondimenti. Una successiva prova da sforzo massimale e un Holter ECG, potranno escludere un’eventuale sofferenza “coronarica” da sforzo o la presenza di aritmie. Si possono fare anche esami di terzo livello come Risonanza Magnetica Cardiaca, Angio-TAC Coronarica o Coronarografia.

In ogni caso, ognuno ha la sua soglia di sforzo?
Negli individui con pregressa patologia cardiaca, l’indicazione all’attività sportiva, così come la soglia di sforzo da raggiungere, dovranno essere modulate da soggetto a soggetto, così come anche nella popolazione sana vanno considerati i singoli fattori di rischio. La percentuale di rischio è sostenuta dalla famigliarità per cardiopatie, dall’abitudine tabagica, dall’iperglicemia, dall’Ipercolesterolemia, dall’Ipertensione Arteriosa e dall’obesità. Pertanto, un sano stile di vita (coadiuvato da una regolare attività fisica) ci tiene lontani dalle patologie cardiovascolari. Chi pratica Sport, sia esso di tipo agonistico o non, deve peraltro non sottovalutare eventuali potenziali malattie misconosciute che l’attività sportiva stessa può slatentizzare.

di Patrizia Palladino

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