L’epopea della musica secondo Max Marmiroli: l’intervista all’ex sassofonista dei Rocking Chairs

Una vita dedicata alla musica a 360 gradi, come suonatore di sax in diversi gruppi, tra i quali i mitici Rocking Chairs, ma anche come divulgatore di opere discografiche attraverso i negozi di dischi in cui ha lavorato. Max Marmiroli, detto “Grizzly”, la racconta in un libro appassionato, “Un sax nato per correre” edito da Arcana, nel quale, accanto alle vicende, musicali e non, vissute in prima persona, ci sono le recensioni di diverse decine di dischi usciti in un periodo, quello tra il 1965 e il ‘75, che lui definisce una vera e propria epopea per la storia del rock e dintorni. “Ho cominciato a lavorare con i dischi alla metà dei ‘70 – racconta Marmirolie l’idea che mi sono fatto in tanti anni di lavoro nel mondo della musica è che quegli undici anni siano stati un periodo cruciale. Una vera epopea che va da un capolavoro del jazz come “A Love Supreme” di John Coltrane a un grande classico del rock come “Born to Run” di Bruce Springsteen. In mezzo ci sono dischi fondamentali anche negli ambiti della musica elettronica, di quella d’avanguardia, del folk-rock e così via. E’ stato fatto un po’ tutto lì”.

Max, quando ti è venuta l’idea di scrivere un libro come questo?
In realtà ci lavoravo da tempo, fin da quando avevo il negozio di dischi. L’idea iniziale era più che altro di stampo divulgativo, cioè quella di una sorta di almanacco per far capire quello che io ritengo il periodo cruciale della musica registrata, i già citati anni dal ‘65 al ‘75. Poi, ragionando con alcuni amici, ho pensato di unire questo aspetto, diciamo così, enciclopedico, con il racconto della mia esperienza personale, della mia biografia di quegli anni, anche per alleggerire un po’ il tutto”.

Che anni sono stati quelli per la nostra zona, in particolare quella di Sassuolo in cui tu sei cresciuto?
Quello di Sassuolo era un ambiente molto ricco di esperienze musicali in quell’epoca, probabilmente anche più di Modena e Bologna. Mi risulta che ci fossero più di 15 orchestre sassolesi che giravano l’Italia in quegli anni. Oltre a Caterina Caselli, che era già famosa in tutto il mondo, c’erano la Gianna Mescoli, che aveva partecipato a Settevoci, Cantagiro e altri concorsi, l’Augusta Meschiari, che aveva fatto Settevoci e Castrocaro, e diversi altri. Io, proprio a fine 1965, mi trasferii dal paesino di Salvaterra, dove facevo la quinta elementare, a Sassuolo ed entrai subito in contatto con quell’ambiente musicale, iniziando a studiare nella Banda la Beneficenza. E poi abitavo proprio di fronte all’oratorio Don Bosco, dove facevano le prove tutti i gruppi che si preparavano per il festival dello studente”.

Tra i musicisti con cui hai collaborato c’è anche Pierangelo Bertoli. Ne parli nel libro?
Si, io sono stato in compagnia con Angelo quando ancora non era conosciuto. Suonavo con l’Augusta Meschiari e lo ospitavamo nelle serate in certi locali per proporre anche qualcosa di diverso. Faceva un set di sue canzoni, alcune delle quali in dialetto. Nel 1973, due anni prima dell’uscita di “Roca Blues”, il suo primo album un minimo conosciuto, organizzammo un bellissimo concerto al Carani dedicato a lui, con ospiti importanti come Deborah Kooperman, musicista che frequentava Guccini, e Claudio Rocchi, che apriva la serata. Nel libro racconto aneddoti che riguardano anche Angelo che in molti, probabilmente, non conoscono”.

Il tuo strumento è da sempre il sassofono. Come hai iniziato a suonarlo?
Guarda, entrando nella Banda, di solito, iniziavi studiando solfeggio. Poi il maestro, dopo alcuni mesi, provava a darti uno strumento per vedere se era adatto a te. Io iniziai con una tromba, ma non andava bene per me. Stessa cosa per il flicorno. Un mio zio di Salvaterra che faceva parte della banda, aveva a casa un vecchio sax contralto e mi disse di provare con quello. Vidi subito che me la cavavo meglio. Nella banda c’era però bisogno di un sax tenore, mio padre me ne comprò uno e io iniziai così a suonare quello che è diventato il mio strumento preferito”.

L’ultimo capitolo parla del periodo successivo al 1975, quindi anche dell’esperienza con i Rocking Chairs…
Si, è stato Ermanno Labianca, un amico che ai tempi aiutò molto i Rocking Chairs, a ricordarmi che io ero conosciuto soprattutto per quel periodo, come una sorta di Clarence Clemons italiano, per cui avrebbe avuto poco senso fermarmi col racconto al 1975. Quindi, a libro già concluso, ho aggiunto l’ultimo capitolo, senza le recensioni di quelli precedenti, ma con la storia dei Rocking Chairs e di tutto quello che ho fatto fino ai giorni nostri, dalla band di Johnny La Rosa, al reggae con i Big Bamboo fino al Sassofono Blu”.

Hai in programma qualche presentazione?
Mi piacerebbe fare la presentazione ufficiale a Sassuolo, dove è iniziato tutto. Sono già d’accordo con il direttore della Banda e la data, se non ci saranno problemi, dovrebbe essere quella di venerdì 13 marzo. La location sarà piazzale della Rosa. Mi ha anche chiamato Guido Giazzi del Buscadero per una serie di presentazioni nei circoli Arci di Milano. Vedremo nelle prossime settimane”.

 

di Giovanni Botti

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