Nick Carter contro il Coronavirus: intervista a Guido De Maria, il papà di Super Gulp

Il territorio di Modena ospita alcune eccellenze di livello internazionale. Settori spinti così al limite, che hanno portato il nome della nostra città e dei suoi abitanti in tutto il mondo. Ovviamente parliamo di cibo, musica, motori, ma non solo. Tra i cittadini che hanno saputo innovare, creare e spostare l’asticella più in alto degli altri c’è sicuramente Guido De Maria, classe 1932, un artista a tutto tondo, creatore di una trasmissione cult come Super Gulp, autore di innumerevoli caroselli e che ha dato vita ad alcuni tra i personaggi più famosi dei fumetti Italiani. “Al sorriso ho dedicato tutto il mio lavoro – ci racconta al telefono – anche se mi sono divertito così tanto, che è come se non avessi mai lavorato”.

Prima di tutto, come sta andando la quarantena?
Io mi sono completamente isolato fin dall’inizio. Ho 88 anni e non voglio rendere le cose facili a quel virus fetente. Abito in una casa di campagna, quindi ho la possibilità di girare attorno a casa ed avere i miei spazi, ma praticamente non sto più vedendo nessuno da mesi. Inoltre non sono mai stato così impegnato come in questi giorni, lavorando anche il triplo di prima.

State realizzando progetti anche in questo periodo?
Assieme a Clod, che ha iniziato da ragazzo venendo a bottega da me e da Bonvi quando avevamo lo studio assieme a Modena, abbiamo dato vita a una serie di vignette nelle quali abbiamo rispolverato il vecchio Nick Carter. In questa serie di fumetti, uno a settimana, abbiamo Nick Carter Patsy e Ten alle prese con il coronavirus.

Come l’avrebbe affrontata Bonvi?
Sinceramente non l’avrei saputo neanche quando lavoravamo gomito a gomito, tante volte mi domando cosa avrebbe fatto Bonvi se non se ne fosse andato, quante altre cose avrebbe realizzato. Lui era abbastanza complicato da catalogare, una persona geniale di grande capacità creativa, con delle opere che rimarranno nella storia del fumetto internazionale.

Quando è iniziata la sua passione per i fumetti?
Quando ero piccolo io, leggere i fumetti era quasi proibito. In questi ambienti perbenisti si pensava che allontanasse dalla cultura, che le nuvolette contenessero dialoghi non corretti da un punto di vista grammaticale. Io invece lo consideravo il cinema dei poveri, perché era come leggere uno storyboard del cinema, dove si rappresentano graficamente le scene accompagnate dai dialoghi. In più potevi rileggerlo, conservarlo e aveva quel gusto del proibito che attira sempre molto.

Cos’è stato il carosello per gli italiani?
Il carosello è stato una straordinaria invenzione tutta italiana. Quando andavamo ai grandi festival internazionali del film pubblicitario, eravamo guardati come degli alieni. Infatti tutti presentavano degli spot come sono oggi, di 30/40 secondi. E invece noi arrivavamo con dei mini film di due minuti e quindici, di cui solo 35 secondi erano dedicati al prodotto che si infilava nella storia grazie a una qualche trovata narrativa. Il carosello alla sera, che durava circa 12/15 minuti, era uno spettacolo divertentissimo dove si raccontava tutto quello che rappresentava l’Italia in quel momento, anche grazie alla presenza dei più grandi artisti. È stato uno spaccato che ha raccontato l’Italia dal 1957 al ‘77. Finita l’era dei caroselli, realizzai Super Gulp, avvalendomi anche di buona parte della struttura che si era creata per la realizzazione di quel tipo di prodotti.

Quali sono il momento migliore e il peggiore della sua carriera?
Io sono stato una persona fortunata, perché la vita mi ha regalato dei momenti straordinari. Anche se devo ammettere di aver passato dei momenti complicati e piuttosto duri. Ad esempio una volta, stavo realizzando SuperGulp e, siccome tutto il materiale arrivava a Modena, dovevo poi personalmente portarlo a Roma alla Rai, dove veniva trasmesso in diretta. Arrivato dopo diverse ore di viaggio scarico tutto e non trovo una delle puntate. Era un errore che non potevo permettermi così ho fatto dietrofront, sono tornato a Modena ho preso quello che serviva e sono riuscito a montare a Roma la puntata esattamente un attimo prima che terminasse la pellicola precedente. Il momento più bello invece, è stato il giorno in cui ho sposato mia moglie, una donna straordinaria che conobbi proprio perché aveva preso parte come comparsa a uno spot. Inoltre ebbi la fortuna di avere come testimoni di nozze Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.

Quanto diventa importante sorridere in questo periodo?
Il sorriso è sempre importante. Tutte le mie scelte di carriera sono state influenzate dal desiderio di creare un sorriso sul volto degli spettatori. Inizialmente ero un umorista e ricordo ancora quando, a 8 anni, mio padre mi faceva raccontare le storielle davanti agli amici di famiglia. Ridere ci allontana per qualche istante dalla realtà e a volte serve staccare un attimo, per avere la forza di riprendersi.

di Francesco Palumbo

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