Nostalgia Canaglia: quando ci si andava a tosare, il cavallino del barbiere

Me lo ricordo come se fosse adesso, Eccolo là, vagamente scarlancato e cigolante, che mi aspettava con quella faccia da somaro inebetito. Avrei dovuto salirgli in groppa per sottostare al periodico supplizio ordito da mamma, nonna e torturatore. Maledetto cavallino di ghisa del barbiere. Una volta salito sull’odiato ronzino sarei poi stato costretto a rispondere a tutta una serie di prevedibili e noiose moine e a interrogatori da Squadra Mobile, ‘Allora quanti anni hai…? Bèmo come sei diventato grande… hai messo su la morosina? E a scuola come andiamo?. Due colossali palle. In mezzo a quella tempesta di tormenti, in attesa del martirio, per ammazzare il tempo potevo dare una sbirciata alla pila degli Zagor e dei Diabolik stando bene attento a non finire su qualche Lando o Tromba o Montatore o Jacula ricoprendo di vergogna e imbarazzo sia me stesso che mia nonna, la quale avrebbe alzato gli occhi da uno Stop ed esclamato ‘metti bèn via quei giornalini da spurcaciòun!.

Poi…a cavallo! A questo punto iniziava la fase uno del patimento: lo shampo, subìto in posizione innaturale, ‘ob torto collo’ in tutti i sensi, con l’acqua sempre troppo calda o troppo fredda che mi colava nella schiena e la schiuma odorosa che mi finiva negli occhi. Ma guai lamentarsi! Sarebbe scattata la mitragliata dei commenti della serie ‘ehhh ma quanti ciavèdi, ieri ho fatto lo shampo a un bimbo più piccolo di te ed è stato bravissimo, te ne accorgi quando vai a militare… E dopo, con i capelli bagnati e l’incacchiatura all’apice, la sevizia: sì perché in quella particolare fase storica chissà perché i barbieri tagliavano i capelli col rasoio da barba, ti scalpavano piano piano con colpetti dolorosi e indefessi che si riverberavano nelle orecchie ancora schiumanti con un suono sinistrissimo e orrendo. Ci provavano gusto, sadici, mentre il maledetto cavallino di ghisa, invece di imbizzarrirsi, nitrire e galoppare portandoti in salvo come avrebbero fatto il Fulmine di Zorro o Dinamite di Tex, se ne stava lì immobile, rincretinito, mentre le tue giovani ciocche fioccavano inesorabilmente.

di Stefano Piccagliani
(Pubblicato sul Vivo del 5 settembre 2012)

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