Nostalgia Canaglia: gli accendini dei settanta, i favolosi anni del Dupont e del Ronson

Ricordo con una punta di nostalgia quel periodo all’inizio degli anni ‘70, in cui uomini apparentemente normali caddero improvvisamente in una schiavitù consumistica totalizzante: la manìa degli accendini. Erano gli anni di continue fustinelle e passioncelle, piccole nevrosi spendaccione che titillavano il desiderio di shopping che allora si chiamava ancora ‘cazèr via i sòld’. La Nikon, i Ray-Ban Aviator, i Levi’s comprati a San Damaso, le Marlboro rosse pacchetto tenero di contrabbando, le cineprese Canon e i primi proiettori Super8, il carrello dei liquori in casa con il Rosso Antico e l’Amaro Cora, il Grundig 73 con le bobine di Battisti, le autoradio Blaupunkt sul Ford Capri, i Bulova farlocchi comprati in Piazza Grande, l’Honda 500 four, il Suzuki 380 e altre mille tentazioni andavano a coprire la fregola consumistica del tempo.

Ma l’accendino… L’ accendino qualificava, era uno status symbol di potenza inenarrabile, sfoggio di agiatezza chic per l’uomo moderno infighettato nel suo bel Facis d’ordinanza o per la rezdòra a-la-pàge che s’accendeva platealmente la Muratti appena uscita da Marengo o Parisotto. Adesso appare difficile da credere, abituati a zavagli Bic o affini usa e getta da un’euro, ma allora la bazza aveva enormi significati fashion. Nella sua giacca Lebole in velluto a coste larghe il mago serviva alla ciòspa di turno un Punt e Mes mentre con fare distratto offriva una Milde Sorte facendo capolinare il luccichìo della placcatura oro del Dupont o del Dunhill, o magari si affidava al più sportivo Ronson Varaflame o, volendo andare sul sicuro, sfoderava un preziosissimo Cartier Le Must, feticcio da sexysfoggio davanti al quale la donna di mondo avrebbe spalancato tutta se stessa. Se poi il zavaglio avesse fatto cilecca mancando di generare la fiamma, si poteva dare la colpa alla carica di gas esaurita o alla mitica pietrina e tornare a casa con la coda tra le gambe a curare la manutenzione di quei meravigliosi simboli di benessere di tanto tempo fa.

di Stefano Piccagliani
(Pubblicato sul Vivo del 26 settembre 2012)

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