Sette eccellenze in sette giorni, l’Eptameron di Giovanni Boccaletti

Sette eccellenze in sette giorni. Sono quelle che racconta Giovanni Boccaletti, lattoniere di professione e scrittore per passione, in ‘Eptameron’, un libro interessante e divertente, ricco di storie ed aneddoti. “Il libro è nato come tesi della mia maturità allo Spallanzani – racconta Boccaletti – una maturità giunta tardi, ma io sono sempre in ritardo in queste cose, che mi serviva per entrare all’università. Ho pensato di farla su ciò che conosco meglio e che mi piace di più. Il mio prof d’italiano lo ha definito un libro ‘erudito’ e questo mi onora”.

Il titolo Eptameron, rimanda chiaramente al Decameron di Boccaccio…
Beh, io e Boccaccio fino a ‘Giovanni Bocca’ siamo uguali, poi ciascuno dei due prende una strada diversa. Lui ha scritto il ‘Decameron’, che sono dieci novelle per dieci giorni, io invece ho puntato su sette giorni, in ognuno dei quali parlo di un’eccellenza del nostro territorio, con storie, qualche raccontino e aneddoti su come si lavoravano i prodotti nel nostro passato. Non ci sono ricette, che ormai si trovano dappertutto, anche gratuitamente su internet.

E come nel Decameron c’è una cornice che tiene legato il tutto…
Si, è una sorta di trait d’union tra le varie giornate ed eccellenze. Inizialmente doveva esserci un personaggio solo, poi sono diventati tre, Spartaco, Giovanni dell’Ercolina e l’Uomo Invisibile. Uno un po’ più serio, l’altro che racconta cose più leggere e simpatiche e il terzo, l’Uomo Invisibile, quello più astratto e con i piedi sulle nuvole. Sono tre amici che raccontano queste storie, a volte sono protagonisti, altre spettatori, altre semplicemente narratori.

La successione delle eccellenze nelle varie giornate è casuale?
Si è casuale, a parte i Tortellini per i quali la domenica mi sembrava il giorno più adatto. Le altre sono naturalmente l’Aceto Balsamico, il Nocino, il Lambrusco, il Prosciutto, lo Zampone e il Parmiggiano Reggiano.

Le storie di Eptameron, ad esempio quella di Gioannaccio Gratioso, il più antico divulgatore del Nocino, sono tutte di fantasia o c’è qualcosa di vero?
Tante storie sono vere, quella di Gioannaccio Gratioso mi piacerebbe che lo fosse. Del Nocino ho fondato un’associazione di cui sono stato presidente per più di dieci anni e sono stato anche docente di analisi sensoriale. Una materia che mi piace moltissimo e che, se l’avessi incontrata a 20 anni, forse sarebbe stata il mio lavoro. E’ un settore in cui tutto ciò che dici oggi può essere smentito domani da nuove ricerche.

Questo anche perché cambiano i gusti e gli abbinamenti?
Si certo, cambiano i gusti, cambiano i prodotti, ciò che piace è anche un po’ legato alla moda come nel vestire. Poi sono entrate in cucina cose che un tempo non c’erano, sono state scoperte nuove tecniche e c’è stata un’evoluzione in meglio anche nel gusto.

Si dice spesso il Tortellino va rigorosamente in brodo di cappone e abbinato col Lambrusco…
Mah, io ho le mie idee. Il Tortellino per me se lo mangi asciutto, e non è un eresia, io ad esempio lo mangio con l’Aceto Balsamico, lo puoi abbinare a un buon vino e possiamo anche discutere su quale scegliere. Se lo mangi in brodo, per me l’unico abbinamento è lo stesso brodo che bevi a cucchiaiate dopo aver mangiato i Tortellini. Quella del brodo di cappone è soprattutto una tradizione, non è il brodo migliore. Dipende dai gusti, poi è logico che tra i tanti modi di servire i Tortellini, quello in brodo è il migliore. Se si trovasse un modo più buono di mangiarli sostituirebbe di certo il brodo che scomparirebbe, come è successo in passato con tanti prodotti, superati da altri migliori.

 

Uno studio sull’Aceto Balsamico

Uno dei capitoli più interessanti di ‘Eptameron’ è quello dedicato all’Aceto Balsamico, di cui Giovanni Boccaletti è anche un appassionato produttore, con diversi concorsi vinti. “Conobbi l’aceto balsamico da ragazzino in occasione di una partita del Modena – racconta Boccaletti – quando allo stadio i bambini entravano gratuitamente, come si diceva allora, ‘con la scoppola’. Alla fine il Modena vinse e qualcuno disse che “era forte come l’asè balsama’. Io che non sapevo cosa fosse lo chiesi a mio padre che me lo spiegò. In dialetto il termine corretto è proprio ‘asè balsama’ e non ‘balsamic’ come si dice oggi con un termine italiano dialettizzato”.

Sull’Aceto Balsamico hai fatto anche uno studio particolare…
E’ vero, uno studio apprezzato anche da chi è dentro il Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale e che ho inserito nel libro. Io ho cercato di verificare quanto Aceto Balsamico rimane dopo un determinato tempo, perchè non è vero, come si dice, che ci sia un Aceto di 100 o 200 anni. Un Aceto che è nato nel 2000 non puoi dire che ha 18 anni perchè ne è stato aggiunto altro, è stato rincalzato. Partendo da una batteria di Aceto che ho regalato a mio nipote nel 2000, quando è nato, ho calcolato quanto ne rimarrebbe andando avanti negli anni, tra 70, 100, 200 e anche 1000 anni. Nel 3000 ne rimarrebbe una percentuale di 0, 23 zeri e 131. Quindi praticamente ne rimarrebbe giusto un profumo.

di Giovanni Botti

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