Camici e divise con tocco speciale: Angela e Katia Cristoni raccontano la propria attività

Modena riserva sempre sorprese, confermandosi un contenitore di storie di eccellente artigianato che si fa imprenditoriale, pur conservando quella tipica giovialità tutta emiliana. È il caso della REMC che nell’ampio laboratorio di via Emilio Salgari 49, a Modena Ovest, produce camici e divise pensati per un ampio spettro di professioni. Alla guida dell’azienda sono le sorelle Angela e Katia Cristoni (nella foto, le prime due a destra, insieme alla squadra, tutta al femminile, delle dipendenti). Sono loro stesse a raccontarsi in questo modo. “Siamo di Modena da generazioni. I nostri genitori lavoravano come artigiani nel taglio della pelle (portafogli, borse, guanti, etc.), un lavoro di precisione fatto a mano per grossi marchi. Il papà aveva cominciato prestissimo. Noi due al pomeriggio eravamo sempre là a fare i compiti mentre loro lavoravano. Abbiamo assorbito questa cultura della manualità e del lavoro fatto con grande cura”.

E con la REMC, quando siete partite?
L’abbiamo rilevata dodici anni fa. Avevamo voglia di misurarci con una sfida imprenditoriale e abbiamo cercato qualcosa che fosse legato alle nostre competenze e alle nostre passioni. (ndr. Angela si è diplomata al Venturi, Katia al Deledda).

Qual è in sintesi la vostra attività?
Facciamo divise per un ampio spettro di clienti: ristoranti, gelaterie, pasticcerie, i settori medicale, farmaceutico ed estetico, l’alberghiero, asili e scuole, fioristi, etc. Serviamo i rivenditori, quindi i negozi, ma abbiamo tante commesse specifiche. Per esempio vestiamo i domestici di facoltose famiglie (Agnelli, Lavazza, Pininfarina, etc.), ma abbiamo fatto le divise anche per “La prova del cuoco” e per il Ceasar Palace di Las Vegas, solo per fare degli esempi.

Qua dentro cosa fate?
Disegniamo, progettiamo, scegliamo i materiali e gli accessori (fibbie, spille, asole, bottini, etc). Proponiamo due campionari nuovi all’anno, uno invernale e uno estivo. Facciamo squadra, teniamo conto di tutte le proposte, con una sorta di brainstorming continuato con le dipendenti. Magari una di loro ha notato un dettaglio in un film, o in una vetrina, e lo riferisce al gruppo. Poi c’è una modellista che sviluppa i modelli, trasforma il disegno in qualcosa di realizzabile. E compiamo una grande ricerca sui tessuti. Abbiamo proposto anche divise da cuoco molto leggere, con tessuti da camiceria, dal momento che nelle cucine – è noto – fa sempre piuttosto caldo.

Che tipo di flessibilità consentite al cliente?
Tanta flessibilità, perfino esagerata. Gli permettiamo di personalizzare le loro divise, disponiamo di una cartella colori enorme. In fondo siamo una di quelle realtà in equilibrio fra l’assoluta cura artigianale/sartoriale e le garanzie dell’industria (per i quantitativi, le garanzie sui tempi di consegna, il magazzino enorme di tessuti e accessori).

Non avete mai avuto cali di mercato?
Sicuro, ma li abbiamo affrontati con coraggio, e con l’orgoglio di aver mantenuto l’organico intatto. E ci siamo sempre inventate qualcosa di nuovo. Per esempio, da poche settimane, nella nostra sede di via Salgari abbiamo aperto anche un piccolo spaccio di fabbrica, aperto dal lunedì al venerdì, nelle fasce orarie delle 9-13 e delle 14-18.

Vi sentite molto made in Italy?
Decisamente, ma forse siamo addirittura un puro Made in Modena, intrise della cultura del lavoro di qui, rigorosa ma collaborativa. Il clima di lavoro da noi è sempre particolare, ce lo dicono i rivenditori che vengono qui da fuori regione e non vorrebbero mai andar via. Visto che in laboratorio ci dobbiamo passare molte ore, tanto vale passarle bene, con uno spirito positivo.

Cosa vi piace di Modena?
Le dimensioni (né troppo piccola, né troppo grande), la storia, l’arte, la genuinità, il pensare in grande: non andremmo mai via, non c’è stato un fidanzato che sia riuscito a staccarci da questa città. E ci hanno provato.

Realizzerete gli abiti anche per uno spettacolo che si terrà il 1° maggio al Teatro Comunale Pavarotti, giusto?
Sì, realizziamo i grembiuli delle operaie dell’ex Manifattura Tabacchi, basandoci sulle foto originali dell’epoca. Utilizzavano un cotone ‘grosso’, resistente, e noi amiamo ricercare, sperimentare. Vestiremo il coro e le attrici, per la messa in scena di un testo di Elena Bellei: “Oriele e la fabbrica del tabacco”.

di Francesco Rossetti

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