Costumiste da Leone d’Oro: Francesca e Roberta Vecchi raccontano l’ultimo lavoro, “Nico 1988”

Per la maggior parte delle persone, il nome di Nico è indissolubilmente legato ai Velvet Underground e al celebre album della banana disegnata da Andy Warhol, considerato uno dei dischi più influenti della storia. In realtà la carriera artistica di questo personaggio, spesso avvolto da un alone di mistero, è proseguita negli anni, fino alla sua morte avvenuta nel 1988. All’ultimo anno di vita dell’ex modella, musa di Warhol, la regista Susanna Nicchiarelli ha dedicato il film “Nico 1988”, premiato a Venezia con il Leone d’Oro nella sezione Orizzonti. I costumi del film sono delle sorelle modenesi Francesca e Roberta Vecchi. “La regista aveva bisogno non solo di due costumiste, ma anche di due persone che conoscessero un certo tipo di musica – racconta Francesca Vecchi – per inquadrarla in un periodo e soprattutto in uno spazio abbastanza ampio. Questo film infatti rappresenta anche la tournèe di Nico nell’Europa dell’Est, oltre all’Inghilterra, la Germania, l’Italia, quindi nazioni con società, costumi e gusti musicali differenti”.

Il film racconta un periodo oscuro della vita di Nico, di cui non si sa molto…
E’ vero – risponde Roberta – noi abbiamo studiato in maniera maniacale i pochissimi documenti che ci sono. C’è un solo documentario su di lei, “Nico Icon”, e molte cose amatoriali dalle quali si vede poco. Noi volevamo che fosse una Nico assolutamente veritiera, ma che non avesse quell’alone di negatività che spesso le è stato associato. In fin dei conti il film racconta quello che è stato, probabilmente, il suo momento più felice, in cui lei si era disintossicata, aveva incontrato suo figlio ed era tornata a cantare. Ci siamo imposte di non vederla con quell’immagine da ‘dama oscura’ che le veniva affibiata in quel periodo, ma con un alone di dolcezza e di bellezza fanciullesca che può tornare all’immagine che lei aveva ai tempi dei Velvet Underground.

E’ questo il solo riferimento ai suoi inizi mitici a New York?
No – continua Roberta – ci sono alcune piccole incursioni reali, dei flash del documentario, quello con Andy Warhol. Poi abbiamo ricostruito una scena di quell’epoca in cui lei si vede di spalle.

I costumi generali del film quindi sono soprattutto degli anni ‘80…
Si – è Francesca a rispondere – anche se nell’Europa dell’est si era più indietro con ancora strascichi dei ‘70, quando si vede il concerto italiano ci sono costumi più kitsch, più colorati, mentre per l’Inghilterra più cool. Il pubblico di Nico era misto, c’era un po’ di punk, un po’ di New Wave e anche altro, questa è stata la difficoltà maggiore. Ci siamo informate anche da un amico, Roberto Menabue, per sapere che magliette venivano stampate all’epoca, che merchandising c’era.

Lei però, musicalmente parlando, veniva dall’America e da New York…
E’ vero – interviene Roberta – e in una cosa ci siamo ispirate all’America e a Dylan in particolare. Nico, in tutto il film, porta stivali e pantaloni di pelle dentro ad essi, sullo stile di quelli che portava il Dylan meravigliosamente eccessivo di quel periodo. Questo perchè lei viene da lì e, anche se rifiuta quell’esperienza, si porta dietro comunque Lou Reed, John Cale, Dylan e tutto quell’ambiente.

E’ la prima volta che vi capita di fare un film tanto legato alla musica?
Istintivamente mi verrebbe da rispondere di si – dice Francesca – in realtà, no. Anche l’ultimo film di Ligabue, quello con Stefano Accorsi che deve ancora uscire, in un modo diverso, ma altrettanto interessante per noi, è legato moltissimo alla musica. Le nostre ispirazioni musicali, senza urlarle, le portiamo sempre nel nostro lavoro, anche se si tratta di un film classico o una commedia.

di Giovanni Botti

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