Fabio Mora: i Rio, la musica e Greg Paltrinieri

I Rio stanno suonando in giro: Treviso, Roma, Milano, Imola… sono le ultime tappe del lungo Ops! Tour 2016. “Ma se devo dirti la verità”, spiega al telefono Fabio Mora (foto), il leader del gruppo, ”io mi sento in viaggio da quattordici anni”.

Fabio, la dimensione live… quanto è importante per voi?
È la dimensione più preziosa perché ti porta in mezzo alla gente. Amiamo fare canzoni per poi condividerle dal vivo, girare, vedere il mondo, imparare qualcosa di nuovo, conoscere storie di altre realtà che chiusi in studio non conosceremmo. Spesso i testi delle nostre canzoni sono proprio basati su pensieri e sogni delle persone che incontriamo nei tour. Poi, nel tempo, tanti fan sono diventati amici. Insomma il vero spettacolo dei Rio è quasi sempre il backstage, dopo lo spettacolo.

Avete ancora energie a fine concerto?
Altroché, è il dopo a richiedere più energia. Il concerto in sé per noi è un divertimento. Dopo viene la condivisione dei pensieri con il pubblico: chi ti vuole raccontare un suo viaggio, chi una sua passione o una storia vissuta anche attraverso la musica dei Rio. È in quel frangente che ci vuole un po’ più di energia, perchè non bastano solo il semplice sorriso o la stretta di mano o il selfie e l’autografo, che pure ci sono. C’è chi ha bisogno di parlarti e di essere ascoltato, almeno per 30 secondi.

In tournée per la penisola, che tipo di Italia e di italiani incontrate?
Beh, le differenze che trovi fra Nord e Sud sono quelle che conosciamo più o meno tutti, fatte di piccoli dettagli che contraddistinguono una persona di Napoli da quella di Treviso. Invece, musicalmente, tutto si è avvicinato. Con internet e la rete. Una volta potevi essere spiazzato dall’ingenuità di uno che abitava in un paesino del Sud perché magari era un po’ meno aggiornato rispetto a uno di Milano. Oggi questa differenza non c’è più. Eppure la cosa bella del girare è di rimanere sempre sorpresi dalle caratteristiche di un posto. Ci sono sempre cose che non conosci…

Internet fa bene o male alla musica?
La rete è rimasta l’ultimo baluardo per quanto riguarda gruppi che hanno difficoltà a farsi un po’ conoscere, a essere trasmessi dagli altri media, dalla tv ai quindici network radiofonici che dettano legge in Italia. In internet puoi investire come comunicazione, anche se poi non è facile, devi imparare a farlo e a farlo nel modo giusto, perché il mezzo cambia velocemente. Internet peraltro è anche molto rapido nel dimenticare, ti fagocita a velocità incredibili. Una volta girare un video e spenderci tanti soldi ti dava delle soddisfazioni perché riuscivi a concentrare lì molta attenzione, oggi non vale quasi più la pena perché lo metti su internet, hai un giorno-due di visibilità poi vieni fagocitato. In definitiva non c’è niente di così emozionante come è rimasta la strada!

C’è però chi rimpiange il vinile…
C’è una grande riscoperta del vinile. Anche noi abbiamo appena ristampato il disco precedente “Fiori” e ne sono orgogliosissimo. Ma i supporti cambiano rapidamente. Siamo partiti dai 78 giri siamo arrivati agli stereo da 40 milioni di lire, poi ti appare il cd, ora tende a sparire… Io cerco di vivere tutte queste cose tranquillamente perché fanno parte del tempo.

Bowie era uno che cambiava con il tempo. Hai visto la mostra a Bologna?
No, me ne hanno parlato molto bene, ma se devo essere sincero, di tutte le perdite grandi che abbiamo avuto ultimamente nella musica, a colpirmi di più è stata quella di Lemmy, il leader dei Motorhead. Bowie, con tutto il rispetto per l’artista, mi ha solo sfiorato. Anche se l’ho amato, anche come attore. Lemmy invece era uno dei miei capisaldi, come i Ramones, che ho tatuato addirittura su un braccio.

I Rio hanno scritto un pezzo per Greg Paltrinieri, il giovane nuotatore carpigiano che ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio. S’intitola “Carnaval”…
Abbiamo seguito la storia di questo ragazzo”, racconta Mora, “già dopo il sisma del 2012. Greg è l’esempio di un ragazzo positivo, pulito, che realizza un sogno ad occhi aperti, lavorando duro per portarselo a casa

Sei emiliano, fai parte di un territorio particolarmente prodigo di musicisti: qual è il segreto?
Forse la fortuna di crescere in una zona industriale che si è sviluppata velocemente. La fortuna che al tempo ci fossero persone che importavano dischi dall’Inghilterra e dall’America. Questo ha permesso il diffondersi di una cultura musicale diffusa. Capita spesso di sentire qualcuno dire “mio fratello aveva i dischi di…”. Qualcuno ci ha fatto da battistrada, penso a persone come Gigi Cavalli Cocchi. E poi le moto, la pianura, la facilità a spostarsi, le discoteche… Poi chi amava farsi i cannoni se li faceva, chi voleva imbracciare una chitarra e strimpellare in gruppo, chiudendosi in un garage, l’ha fatto.

La musica come antidoto alla droga?
Ho avuto la sfortuna di vivere il boom dell’eroina in Emilia Romagna, che ha falcidiato una generazione, per ignoranza e incoscienza. Ho vissuto sulla mia pelle la perdita di tanti amici. Destino ha voluto che incontrassi la musica… che mi ha salvato, in più di un’occasione.

Di Francesco Rossetti

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