Leone, Mirella, Luciano ed io: l’intervista a Micaela Magiera

Modena capitale della lirica, una città in cui si andava di notte a fare la fila per un biglietto nel loggione del teatro, come succede oggi per i concerti rock, o nella quale nei bar si discuteva schierandosi a favore dell’uno o dell’altro cantante. E’ questa la città che racconta Micaela Magiera, avvocato e mediatore famigliare, figlia di Leone Magiera e Mirella Freni, nel libro “La bambina sotto il pianoforte. Storie d’amore e di musica nella Modena di Mirella Freni, Leone Magiera e Luciano Pavarotti”, che uscirà per Artestampa il 26 di giugno. “Era una Modena in cui la lirica era un’abitudine – racconta la Magiera – per le strade si sentivano cantare parti d’opera e c’erano gli organetti dei mendicanti che suonavano le arie famose. La lirica provocava discussioni, era un fenomeno popolare che tutti conoscevano. Adesso invece è diventata un fenomeno d’elite”.

Micaela quando è nata l’idea di scrivere un libro che racconta la sua famiglia?
Alcuni anni fa avevo trovato in una scatola tantissime lettere dei miei genitori che andavano dagli anni ‘50 alla fine dei ‘60. C’era una copiosa documentazione e già lì mi era venuta la voglia di utilizzarla per un libro. Poi il tempo è poco, la vita ti porta a fare altre cose e l’idea era rimasta nel cassetto. La voglia mi è tornata quando mia mamma, due anni fa, è stata operata a una gamba e l’ho vista sul letto indebolita. Questo mi ha ricordato Luciano ammalato e indebolito e da lì ho cominciato a pensare di fare qualcosa. Così ha preso forma l’idea di parlare di tutti e tre perché sono inscindibilmente connessi. In quel periodo, erano troppo uniti per parlarne separatamente, ed è nato così il libro.

Il titolo “La bambina sotto il pianoforte” è autobiografico?
Quando ero bambina passavo spesso le mie giornate a casa mentre papà dava lezioni e insegnava musica. Io stavo a giocare sotto il pianoforte e mi divertivo a guardare i piedi sui pedali che buttavano su e giù delle astine. Vedevo i piedi dei vari cantanti che venivano a provare e tra questi mia mamma e Luciano. Sono i ricordi più teneri che ho di loro. E’ un titolo che mi è stato ispirato da mio papà.

Qual è il primo ricordo che ha di Luciano Pavarotti?
E’ difficile da dire, mi sembra di averlo sempre visto in casa mia. Ricordo che veniva praticamente tutti i giorni e io dicevo a mio padre ‘ma papà viene anche oggi Pavarotti? Ma viene sempre?’. Loro per accontentarmi, finito di studiare, mi portavano a fare delle passeggiate. Luciano spesso d’estate portava l’anguria e, finita la lezione, si mangiava l’anguria. E poi ricordo i viaggi che facevamo assieme, visto che i miei dovevano portarmi con loro, ad esempio a Mantova a studiare dal maestro Campogalliani, che era un mito all’epoca.

Sua madre e Pavarotti erano amici d’infanzia vero?
Si, si conoscevano fin dai tempi dell’asilo. C’è una foto che li ritrae piccolissimi nell’asilo della manifattura tabacchi, perchè le loro mamme lavoravano entrambe alla manifattura. Tra loro c’era un’amicizia che era anche una sana rivalità. Mia madre ha iniziato a cantare prima, mentre Luciano ha cominciato a fare il solista sei anni più tardi e, secondo me, l’ha stimolato anche il fatto che la Mirella andava avanti.

Quando si è resa conto che sua madre era una star della lirica?
Credo quando ho sentito dire in casa che la mamma andava alla Scala. Era come dire ‘ce l’ho fatta’, il sogno realizzato, la tappa che segnava il culmine della sua carriera. Credo fosse il 1962.

Le capitava anche di seguire i suoi genitori in viaggi all’estero?
Si, ricordo, ad esempio, viaggi in Inghilterra e in Olanda. In genere funzionava così. Mia madre andava in aereo, mentre mio padre, che aveva una gran paura di volare, la seguiva in automobile e si portava dietro me. Erano viaggi bellisismi, anche di due o tre giorni.

Pare di capire che in quel periodo loro tre fossero molto uniti…
E’ vero, erano anche molto generosi nel condividere le loro esperienze. Ricordo quando Luciano incontrò per la prima volta la Sutherland e cantò con lei, dopo spiegò a mia madre il suo modo di respirare: “le la respira acsè”, le diceva. La cosa strana è che, seppur nessuno dei tre parlasse normalmente in dialetto, tra di loro lo usavano spesso.

Il libro esce il 26 giugno, una data particolare…
E’ vero, il 26 è il compleanno di mio padre. Gli ho detto che quest’anno ho già il regalo pronto per lui.

Secondo lei oggi si celebra adeguatamente la Modena capitale della lirica?
Mah, io sono completamente fuori da tutti i meccanismi politici ed economici. Però da noi c’è stata davvero la créme della lirica mondiale, perchè, oltre a mio padre, mia madre e Luciano, erano stati “acquisiti” per amore anche Raina Kabaivanska e Nicolaj Ghiaurov. Penso che Modena avrebbe potuto diventare una piccola Salisburgo.

di Giovanni Botti

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