Mi ricordo di te Modena: Maria Antonietta Rizzo racconta la pagina facebook ‘Modena Amarcord’

C’è una pagina Facebook molto seguita che raccoglie fotografie d’epoca introvabili: scene di vita in bianco e nero, scorci di una Modena dimenticata. È Modena Amarcord, l’ha creata Maria Antonietta Rizzo, che ci racconta come e quando è nata l’idea. “Le foto delle vecchie città mi sono sempre piaciute moltissimo, ne ho delle raccolte personali. Vedevo che in diversi postavano foto della Modena di una volta in quei gruppi del tipo “Sei di Modena se…”. Vedevo che purtroppo tutto era occasione per discussioni, accuse, faziosità, a volte perfino insulti. Allora ho pensato: adesso faccio partire un gruppetto mio, aperto, dove condividere foto e ricordi“.

Quando è successo?
Tre anni fa. Me ne sono accorta casualmente da poco. Mi sembra ieri che abbiamo cominciato. In questi anni si sono intessuti rapporti tra persone che quasi sempre non si conoscono di persona. Ci unisce solo questo interesse comune. A poco a poco il gruppo si è ingrandito, soprattutto nell’ultimo periodo. Ormai siamo a circa 1600 membri.

Il nome felliniano com’è venuto?
Mi è venuto istintivo. Una formula molto azzeccata. Contiene il ricordo e la modenesità. L’amministratore unico sono io. Decido chi entra, mi voglio render conto che non creino dei problemi, faccio in modo che non ci siano discussioni, che i toni siano leggeri. Sono una specie di dittatore, ma è l’unico modo per governare una pagina fb di questo tipo. Ripeto, il tono dev’esser pacato, leggero.

La querelle con Carlo Savigni?
Mi è spiaciuto, comunque lui poi si è autocancellato dal gruppo ed è finita così. Non mi sembra congruo che si metta in campo l’argomento privacy in modo aggressivo in un gruppo informale.

Lei è di Modena?
Ci sono nata e cresciuta. Sono avvocato e qui svolgo la professione.

Quali sono le foto che preferisce?
Decisamente quelle in bianco e nero, anche di personaggi. Ho cominciato con i monumenti, trovo interessante ricostruire ciò che era il nostro passato.

È facile che non ci si ricordi più di un negozio all’angolo, il tempo cancella dalla memoria implacabilmente…
Anche perché, se prima i negozi duravano 30-40-50 anni, adesso resistono qualche mese. Ne ricordo di negozi frequentati da ragazzina, le memorie più care sono legate alla nostra adolescenza, i primi jeans, le prime cose da Marengo, etc.

Preferisce storie raccontate in modo personale e non didascalico, vero?
Si. Ad esempio c’è chi si ricorda come si faceva il pomodoro nel cortile a San Faustino, che era una zona che io neanche conoscevo, abitando in zona Tempio. E’ un quartiere che si è creato tutto negli anni ‘70; prima erano case sparse in campagna. Noi siamo quella generazione anni ‘50 che ha vissuto il boom economico, che da bambina ha vissuto una certa Modena e che da grande se ne è trovata un’altra. Non siamo i nostri genitori che hanno vissuto in una Modena abbastanza uguale a se stessa, e nemmeno i nostri figli che oggi sperimentano una trasformazione rapida.

Prevale sempre la nostalgia del tipo “ah, come si stava bene un tempo?”
C’è nostalgia, ma se guardo una foto degli anni ‘40, non posso neanche provarla, perché allora non c’ero. C’era una Modena dove tutto si raggiungeva a piedi o in bicicletta e c’erano poche macchine. Ma non è una nostalgia anacronistica. Non si può rimanere fermi aggrappati a un’epoca.

E piazza Roma oggi, che ne pensa?
È bella, ma allo stesso tempo un po’ morta. Dovrebbe esser vissuta, piena di gente. Per dire, è più viva Largo San Giorgio.

Facebook è un prototipo di comunicazione digitale, tutto il contrario del cartaceo, delle cartoline di una volta, basti pensare che oggi le foto quasi non si stampano più…
Ed è un peccato, Modena si ricordava anche così, grazie a una cartolina. Facebook è solo uno strumento. Qualcuno mi ha detto di essere su Facebook solo perché c’è questo gruppo, che segue volentieri, e mi fa piacere. E’ anche una raccolta di storie personali.

Una foto che l’ha sorpresa?
Ad esempio la chiesa di San Rocco. Io non sapevo neanche che fosse esistita… ed era in via Cavallerini. È stata tirata giù dopo la guerra. Interessante è stato vedere anche com’era una volta dove c’è la sede dell’USL. Prima c’era una bellissima chiesa, la strada era più stretta.

E il condominio dietro alla Palazzina Vigarani?
Una storia tragicomica. Quel palazzo in sé non è brutto, all’epoca fecero tutte le prove con i palloncini per vedere il volume che occupava e che impatto potesse avere la massa. Nessuno però pensò di andare a vedere dal punto di vista dei Giardini. Ci rimasero male a lavoro ultimato, gli stessi architetti.

Dettagli che riguardano il centro?
Per esempio in via Falloppia, ci giravano le macchine e ci si parcheggiava. Adesso non è più possibile perché le auto sono molto più grandi. Un segno dei tempi.

di Francesco Rossetti

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