Modena Ieri & Oggi, la storia dello “sproloquio” di Sandrone

Il momento clou del Carnevale modenese, quello più atteso, è sicuramente il discorso di Sandrone il giorno di Giovedì Grasso, lo “sproloquio” che la maschera tiene assieme alla sua famiglia dal balcone del palazzo comunale. Ma come e quando è nata questa pratica da “mondo alla rovescia” che fa diventare per una giornata la Famiglia Pavironica la principale protagonista degli eventi cittadini? Intanto bisogna ricordare che i primi discorsi di Sandrone non erano recitati, ma soltanto scritti su manifesti. E questo, stando ad alcuni documenti ritrovati in Archivio, avveniva già nel 1865, pochi anni dopo la fine del ducato e l’annessione di Modena al Regno d’Italia. Sandrone, eletto “per volontà del popolo”, Re del Carnevale col titolo di Sandrone I, indiceva corsi mascherati e veglioni a scopo di divertimento e beneficenza e pubblicava questi manifesti scritti in una lingua italiana piuttosto ampollosa, riprendendo satiricamente i bandi e le grida della casata Estense, da poco scomparsa.

Nel 1870 nacque la Società del Sandrone, la maschera venne per la prima volta interpretata da una persona in carne e ossa, Giulio Preti (leggi qui la sua storia), e il manifesto carnevalesco cominciò ad essere realizzato dalla stessa società, seguendo alcuni princìpi tutt’ora rispettati (esclusione delle allusioni politiche e delle manifestazioni contrarie alla decenza). E’ però nel 1873, con la “Epestla”, la lettera che Sandrone inviò alla città, che il messaggio della maschera ai cittadini venne per la prima volta scritto in dialetto. Nel 1885 (per qualcuno l’anno successivo), Sandrone pronuncia per la prima volta il discorso in pubblico, anche se le cronache dell’epoca riportano poche informazioni, al di la della semplice notizia.

Nel 1887 comparve invece per le vie della città il “Telegramma” che annunciava l’arrivo della maschera con la sua famiglia, scritto nel cosiddetto “bazzotto”, un mix di italiano e dialetto. Da quel momento in avanti soltanto eventi o situazioni di particolare gravità hanno impedito a Sandrone di venire in città e pronunciare il suo discorso. Prima della pandemia che lo scorso anno ha costretto la famiglia Pavironica a rimanere nella sua casa di Bosco di Sotto, una prima pausa c’era stata negli anni della Grande Guerra e una seconda, ancora più lunga, durante il fascismo, in particolare a partire dal 1929, quando l’ostruzionismo del regime costrinse la maschera a pronunciare il suo sproloquio soltanto l’ultima domenica di Carnevale dal balcone di Palazzo Solmi. Il martedì successivo, Antonio Goldoni, l’interprete del Pavironico, fu invitato a presentarsi al palazzo del Littorio dove gli venne comunicato che alcune battute sui fascisti non erano piaciute.

Cadde così il silenzio sul Carnevale modenese e Sandrone poté tornare a parlare soltanto dopo la Liberazione, nel 1946, quando per la prima volta tenne il suo “sproloquio” in Piazza Grande sulla Preda Ringadora. L’anno successivo salirà sul balcone del Municipio senza scenderne più, l’unico, dopo la fine della Guerra, ad avere la possibilità di utilizzarlo per un discorso. Infine l’ultima grande novità risale al Carnevale del 1960, quando il discorso, per la prima volta, diventò un dialogo con la partecipazione anche della Pulonia e di Sgorghiguelo.

di Giovanni Botti

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