Modena Ieri & Oggi: Orazio Vecchi, musicista difficile

Di recente, sempre in questa rubrica, abbiamo citato più di una volta Orazio Vecchi come uno dei personaggi più attivi del carnevale modenese tra ‘500 e ‘600, per cui componeva le polifoniche “mascherate” (Leggi qui). Ma chi era veramente questo personaggio a cui è stato intitolato il conservatorio modenese? Fu un musicista e poeta noto per le sue grandi capacità artistiche, ma anche, pare, per un carattere piuttosto rissoso. Nato a Modena il 6 dicembre del 1550, studiò musica con Salvatore Essenga, un monaco dell’Ordine dei Servi di Maria, e nel 1577 prese i voti. Alla fine degli anni ‘70 del ‘500 instaurò rapporti con i musicisti della scuola veneziana come Claudio Merulo e Giovanni Gabrieli e collaborò con loro nella realizzazione di una sestina per un matrimonio ducale. Viaggiò al seguito del conte Baldassarre Rangoni nel bergamasco e nel bresciano e tra il 1581 e il 1584 fu Maestro di Cappella a Salò.

Successivamente divenne direttore di coro a Reggio Emilia e vi rimase fino al 1586. Nello stesso anno si trasferì a Correggio dove attraversò un periodo particolarmente creativo, nonostante si sentisse un po’ isolato dai maggiori centri dell’epoca. Anche per questo tornò a Modena dove ricoprì la carica di mansionario del Duomo avendo tra i compiti anche la cura del coro. A questo periodo risale un curioso aneddoto che evidenzia il suo carattere difficile. Poco dopo aver assunto l’incarico in Duomo, Orazio Vecchi iniziò ad entrare in contrasto con l’organista Richetti e tra i due nacque una vera e propria rivalità. Nel 1596, in occasione della funzione sacra della festa dell’Ascensione, cominciarono a farsi i dispetti. Uno continuava a portare avanti il canto dei mottetti, l’altro il suono dell’organo e finirono per impedirsi a vicenda gli attacchi e confondere i finali. “Fu disordine grande” commentava il cronista Spaccini, senza però svelare chi dei due avesse cominciato.

Nel 1597 il Vecchi visitò Venezia dove pubblicò una raccolta di canzonette e una serie di altre composizioni tra le quali la sua opera più nota, “L’Amfiparnaso” (doppio Parnaso), commedia totalmente cantata nata come una commediola di maschere destinata solo all’audizione e non certo alla rappresentazione, poi evolutasi in una esemplare fusione tra teatro e musica. Nel 1598 il duca Cesare d’Este chiamò Orazio Vecchi come maestro di corte e il musicista-poeta tornò a Modena dove continuò a servire nella cattedrale fino alla morte avvenuta nel 1605. Di sé una volta disse di non essere “prodigo nè goloso”, ma di gradire “la buona tavola, la casa riscaldata e il vino schietto nella botte”, tutti i modesti piaceri di un meritato benessere.

di Giovanni Botti
(Pubblicato sul Vivo del 13 febbraio 2013)

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