Francesco Donaggio, vita ed emozioni sul Green

Gianni Morandi cantava “Uno su mille ce la fa, ma quant’è dura la salita”. Questo mitico pezzo della canzone italiana può essere associato alla vita di uno sportivo modenese: Francesco Donaggio. Stiamo parlando di un golfista classe ’95, nella top ten del ranking italiano e punto fermo della Nazionale Amator. Con lui abbiamo fatto una bella ed interessante chiacchierata.

Francesco, a quanti anni hai cominciato a giocare a golf e perché?
Come la maggior parte dei giovani italiani, da bambino giocavo a calcio. Mio padre però si è avvicinato al golf e nel weekend mi portava con sè. A sette anni ho cominciato a tirare qualche colpo, ma ho iniziato seriamente solo a dieci. Ho deciso di mollare il calcio e concentrarmi definitivamente sul golf.

Cosa consiglieresti ad un giovane che si avvicina a questo sport?
All’inizio bisogna provare per capire se c’è una certa passione, tenendo conto che giocare a golf non è facile. E’ richiesto tanto tempo, tanta voglia e passione. Se questi elementi ci sono, consiglio di iniziare. E’ molto importante anche il gruppo in cui ci si trova.

Uno dei tornei più sentiti dal Golf club modenese è la “Secchia Rapita”, Modena contro Bologna, un derby che regala sempre tante emozioni….
Per me è un incontro meraviglioso. Si sfidano i circoli di due città rivali da sempre in tutti gli sport. E’ bello riportare questa rivalità, puramente sportiva, anche nel golf dilettantistico. I ragazzi di Bologna sono nostri amici ma in quei due giorni daremmo qualsiasi cosa pur di vederli perdere. La “Secchia” si gioca in due giornate, ogni team presenta i dodici giocatori migliori che si sfidano in gare a coppie il primo giorno, mentre nel secondo sono previste le sfide singole. Ogni match vinto equivale ad un punto, ogni match pareggiato è mezzo punto. Alla fine si fa la somma per vedere chi porta a casa la vittoria finale e l’ambito trofeo.

Hai giocato anche nel mitico campo di St. Andrews, in Scozia, che emozione è stata?
Giocare in quel campo per un golfista è come per un calciatore segnare a Wembley o giocare nel mitico Maracanà. Pensare che il primo colpo della storia è stato tirato lì è qualcosa di pazzesco. Gli elementi ancora più particolari sono l’atmosfera e l’ambiente intorno a questo mitico campo del 1500. Lì la gente vive e respira golf tutti i giorni, anche negli aspetti quotidiani, come andare al bar con la sacca con dentro i ferri, oppure fare la spesa vestiti di tutto punto. Queste sono cose che al di fuori di quel paese e di quella cittadina è difficilissimo vedere. Andai li per la prima volta quando avevo tredici anni, l’estate scorsa ci sono tornato e spero di farlo anche quest’anno perché c’è un torneo importantissimo dove vorrei fare bella figura.

Legato a St.Andrews è l’aneddoto che riguarda il motivo originario delle diciotto buche di un campo da golf…
E’ vero, gli scozzesi sono da sempre dei grandi bevitori. Seduti a tavola, si chiesero quante buche dovesse avere un campo da golf. La risposta fu che le buche sarebbero dovute essere pari ai sorsi necessari per finire una fiaschetta di whisky. Ne occorrono circa 18, di conseguenza un sorso a buca, quindi il numero totale fu proprio questo.

I tuoi obiettivi per quest’anno?
E’ un anno molto importante, potrebbe essere la svolta per una futura carriera da professionista. La Nazionale mi ha dato tante possibilità, ma anche tante pressioni. Nei prossimi mesi girerò molto: Spagna, Portogallo, poi la Puglia per gli Internazionali.

di Filippo Mattioli

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