Storie di Sport: “Pupo” Dall’Olio, Modena e la Pallavolo

Era il 1972 quando l’allora allenatore della Panini Modena, l’indimenticato Franco Anderlini, decise di far esordire in prima squadra un alzatore, appena diciannovenne. Quel ragazzo era Pupo Dall’Olio, all’anagrafe Francesco, e il coach non sapeva ancora che sarebbe diventato il più grande alzatore della storia del volley italiano, forse mondiale. Il suo palmares parla da sé: da giocatore ha vinto 4 scudetti, 6 coppe Italia, 5 coppe delle coppe, 1 coppa CEV ed uno storico bronzo olimpico a Los Angeles nel 1984, quasi tutto con Modena, la squadra della sua città. Ormai sono più di vent’anni che fa il mestiere dell’allenatore. Con noi ha parlato sinceramente del passato ma anche del presente della pallavolo.

Dall’Olio, come si è avvicinato alla pallavolo?
Tramite mia sorella. Lei giocava nell’allora Fini Audax, una squadra di Modena che ha vinto molti scudetti. Lei è più grande di me, ed io andavo a vedere i suoi allenamenti e le sue partite e mi sono appassionato.

Ha partecipato a tre Olimpiadi (1976, 1980, 1984), vincendo nell’84 a Los Angeles il bronzo. Che ricordo ha?
Bisogna fare una premessa: sia le Olimpiadi dell’80 che quelle dell’84 sono state “limitate” per problemi politici. A Mosca c’è stato il blocco dei paesi occidentali, e quindi in molti non avevano aderito. L’Italia potè andare grazie ad “un’escamotage”: sulle maglie non c’era la scritta ITALIA. Invece nell’84, a Los Angeles, non c’erano i paesi dell’Est. In quegli anni non era forte solo la Russia, ma pure la Bulgaria e la Romania. Questo fatto ci favorì per la conquista del bronzo. Eravamo una Nazionale in crescita e fu un grandissimo risultato. Ho un bellissimo ricordo anche delle olimpiadi del ’76 a Montreal: era la prima volta che la Nazionale di pallavolo partecipava. Nel villaggio olimpico incontravi chiunque, anche i campioni di altri sport visti solo in tv. Una volta, in mensa, avevo seduto di fianco Carl Lewis.

Nella sua carriera ha avuto grandissimi coach. Ora che fa l’allenatore, a quale di questi modelli si ispira?
Ho avuto la fortuna di lavorare con tanti grandi, e da loro ho imparato sia le cose buone che quelle meno buone. Ad un certo punto ho cominciato a pensare che mi sarebbe piaciuto allenare, che mi sentivo portato forse anche per il mio ruolo. In questo momento non ho più dei modelli particolari, perché poco alla volta ti crei il tuo stile. Nei primi anni di carriera, non nascondo che mi ispirassi a Silvano Prandi, per il lavoro in palestra, per come si proponeva ai media, e per la sua correttezza. Insieme siamo stati in Nazionale.

Fino all’anno scorso ha fatto parte dello staff della Nazionale femminile. Pensa che il volley femminile di oggi sia simile alla pallavolo che giocava lei?
Per certi aspetti si, perché quando ho iniziato io non c’era tutta questa fisicità, si pensava molto alla tecnica e lo spettacolo della partita era vedere scambi lunghi e belli. Per quanto riguarda la Nazionale femminile, io avevo presentato un progetto all’allora coach Marco Bonitta, che riguardava un accompagnamento tecnico per le due alzatrici e il libero. Il mio intento era quello di coinvolgere tutte le giovanili, invece lui l’ha allargato comprendendo la Nazionale. E’ stata una bellissima esperienza perchè ho potuto vedere da vicino il mondo della volley femminile che ha potenzialità incredibili. Ho lavorato con due ragazze, una di 17 l’altra di 19 anni, e una di queste è anche andata alle Olimpiadi (Alessia Orro ndr). Non nascondo che mi piacerebbe continuare questo progetto. Vedremo con le nuove elezioni federali.

Chi sono i grandi alzatori di oggi, quelli in cui lei si rivede?
Sicuramente Simone Giannelli, un giovane talento che si è già consacrato a livello mondiale. Ha caratteristiche diverse dalle mie, io non aveva la sua fisicità, ma ha doti incredibili come la capacità di gestire tatticamente e psicologicamente la partita. Poi dico De Cecco, Bruninho, anche Orduna. Da tenere d’occhio il giovane Sbertoli di Milano.

A Modena ha giocato e allenato. Sulla panchina gialloblù ci tornerebbe?
Come si fa a dire di no! Allenare qui penso sia il sogno di chiunque. Sulla panchina di Modena sono stato un solo anno, ma incredibile: vincemmo Supercoppa, Coppa Italia e Champions League.

di Mattia Amaduzzi

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