Volley, la storia di Alberto Casadei: da “Talismano” in campo a dietro la scrivania

Al termine di una lunga carriera passata a calcare i più importanti palasport d’Italia, Alberto Casadei ha deciso di appendere le ginocchiere al chiodo e di passare dal campo a dietro una scrivania. L’ex opposto canarino, che ha fatto parte di quel grande gruppo che vinse il “Triplete” nel 2016, è entrato, da poco, a far parte nuovamente della famiglia di Modena Volley.

Alberto, qual è il tuo ruolo all’interno della società gialloblù?
Sono responsabile dell’Academy Modena Volley. Mi occupo principalmente di quelle realtà che si interfacciano con noi, spiegando loro i valori della nostra società”.

Che cosa ti ha spinto a tornare?
Sono sempre stati in ottimi rapporti con tutti, a partire da Catia Pedrini. Quando ho smesso mi sono preso una pausa da tutto. Poco tempo dopo, Sartoretti mi ha chiamato e mi ha fatto una proposta per questo progetto, al quale stava pensando da un po’. Io ho accettato subito”.

Quando eri un giocatore, uno dei tuoi soprannomi era il “Talismano”, dato il numero di trofei vinti con le squadre in cui hai giocato…
Non mi sono mai sentito tale, anche perché con la Lube Civitanova ho stabilito un record negativo di aver perso cinque finali in un anno”.

Però hai fatto parte di due grandi gruppi vincenti. Come si costruiscono?
Si parte dalla base, ovvero dalla società e dalle sue idee nell’assemblare la squadra. In seguito viene la parte difficile, creare il giusto amalgama tra società e team che rende proficuo ogni giorno, al fine di costruire una realtà solida che possa raggiungere traguardi importanti”.

Elia Bossi mi ha detto che eravate un gruppo molto legato. E’ vero?
Si certo. Quegli anni sono stati davvero speciali, perché siamo riusciti a creare qualcosa di straordinario. Eravamo praticamente come una famiglia e questo ci ha permesso di vivere momenti incredibili dentro e fuori dal campo. Ci sentiamo ancora tra di noi e siamo tutt’ora grandi amici”.

Durante la tua carriera hai giocato al fianco di grandi opposti. Qual è stato quello che ti ha maggiormente impressionato?
Non è facile giudicarli perché tutti avevano caratteristiche differenti. Se ci penso fare loro da spalla è stato un onore. Però tra tutti, quello che mi ha colpito di più è sicuramente Sokolov”.

Nella pallavolo moderna, ormai, la panchina sta diventando un’arma in più a partita in corso. Qual è il tuo pensiero al riguardo?
La panchina è fondamentale non solo durante la partita, ma soprattutto per il lavoro nel quotidiano. Durante la stagione c’è sempre meno possibilità di allenarsi, a causa dei calendari molto fitti. Perciò avere di fronte giocatori che ti possano mettere in difficoltà anche durante gli allenamenti, è molto importante in vista della partita della domenica”.

Purtroppo adesso la stagione è ferma, ma finora che cammino è stato quello di Modena Volley?
Ad oggi l’unica nota negativa è stata la prestazione in Coppa Italia. Però, c’è stata subito una risposta importante da parte dei ragazzi con la vittoria contro Monza. Penso che la costruzione di un gruppo vincente debba anche passare da momenti delicati. Penso che siano necessari nel processo di crescita”.

Quanto è importante per una società come Modena Volley affidarsi a grandi figure del passato come te, il dg Sartoretti e i coach Giani e Cantagalli?
Per Modena Volley è un discorso diverso rispetto ad altre società con le quali ho avuto il piacere di lavorare. Qui tutto viene vissuto in maniera esponenziale. Perciò chi è già passato di qui e sa come viene vissuta la pallavolo dentro e fuori dal PalaPanini è sicuramente più agevolato nel capire le dinamiche. Non è un valore indispensabile, però sottolinea anche l’aspetto umano e di riconoscenza di questo ambiente verso la società che cerca di creare legami profondi che vadano oltre quello strettamente professionale”.

Che impressione è stata vedere il PalaPanini deserto contro Monza?
E’ stato osceno. L’avevo già visto durante gli allenamenti o le amichevoli ma, per la situazione che si è andata poi a creare, era sicuramente una cosa evitabile. Già nei giorni precedenti, Catia aveva fatto un giusto appello affinché non si giocasse. L’ho vista come una sorta di irresponsabilità giocare, perché la situazione non era da sottovalutare”.

 

 

di Mattia Amaduzzi

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