Donne musulmane alla moda: l’intervista a Cinzia Aicha Rodolfi

Si chiama Verde Jennah, è un progetto imprenditoriale che si sviluppa tramite piattaforma web, ideato da Cinzia Aicha Rodolfi. Lei è un’italiana convertita all’Islam che risiede a Castelfranco Emilia e tiene le antenne ben sintonizzate sul mondo.

Come e quando è nato il progetto Verde Jennah?
Nell’ottobre del 2015. Il progetto è nato dal desiderio di parlare delle donne musulmane che vivono in Occidente, alle prese con un contesto e uno stile di vita inevitabilmente diverso rispetto a quelle che vivono in altre latitudini. L’idea era esprimerci sul blog, e su tutti i social correlati, con un linguaggio nuovo, fresco, leggero, che non fosse prettamente legato alla religione. Di solito on line, i blog di donne musulmane sono molto improntati sulla dottrina, sull’Islam. E senza immagini. Noi invece abbiamo voluto creare un blog dove ci sono le nostre facce, ovviamente sorridenti, raccontando tante storie di donne che con determinazione, spirito di volontà e ottimismo – e con la fede, che è alla base di tutto -, sono riuscite a superare gli ostacoli. Racconti di donne musulmane – non solo scrittrici, avvocate, politiche – ma donne con successi anche nella loro vita quotidiana: che magari sono riuscite a far laureare quattro figli, a prezzo di sacrifici.

Il blog nasce anche come piattaforma imprenditoriale?
Sì, è un progetto molto ambizioso che punta alla produzione e alla commercializzazione di una serie di beni di consumo, dall’abbigliamento al beauty, dai viaggi al food, al design, legati ai gusti e alle esigenze delle donne musulmane e delle loro famiglie. Passo dopo passo, con le nostre forze, grazie a tante collaboratrici, spesso di seconda generazione, andiamo avanti. E cerchiamo investitori, che siano interessati a progetti di business.

Perché? Le donne musulmane sono un business?
Anche, è evidente. E noi abbiamo predisposto un business model che mostriamo a chi è interessato. Si tratta di un mercato che crescerà, da qui al 2020. Malgrado la stigmatizzazione dei media contro l’Islam, ci sono tante conversioni e le donne musulmane spendono, fanno shopping. Proprio in questi giorni stiamo lavorando ad un paio di blog nuovi, uno verdejennah.com in lingua inglese, l’altro più rivolto alla comunità italiana. A breve saranno online. Abbiamo anche un magazine. Nella nostra vita ci sono le nostre feste religiose: il Ramadan, la festa del sacrificio…, ma anche la moda. Non parliamo di tutto, però: niente cucina, politica e neanche le questioni legate alle difficoltà burocratiche.

Cosa pensa di altre esperienze italiane nel campo del fashion, tipo Hind Lafram o Fatima El Hossi?
Hind Lafram l’abbiamo sponsorizzata, supportata, presentata, insomma facciamo il tifo per lei. Penso che faremo qualcosa anche insieme a Fatima El Hossi, probabilmente. Quindi ben vengano questi talenti emergenti, tra stiliste e fashion blogger.

Nella moda Giorgio Armani è un riferimento?
È il re della moda. Siamo legate a lui perché è lo stilista che ha inventato la donna manager con il tailleur maschile. Prima la donna indossava solo la gonna. Armani l’ha vestita con il pantalone a uomo, largo, la giacca lunga. Armani è iconico per questo motivo. Anche noi vorremmo vestire le donne musulmane che vanno in ufficio, che vanno a lavorare. Peraltro amiamo molto anche il Blumarine di Anna Molinari, la Ferretti, Miuccia Prada.

Quanto a islamic fashion, quali sono i paesi più avanti?
L’Inghilterra è il paese numero uno. Anche in Francia ci sono uno o due brand belli, mentre in Germania sono legati ai veli. Negli Stati Uniti, per esempio in California dove si sono trasferite molte saudite, ci sono fashion blogger e designer più vicine al nostro gusto minimal e italiano. Al New York Fashion Week ha debuttato Anniesa Hasibuan, indonesiana, guadagnandosi una standing ovation, facendo sfilare tutte le modelle con il velo in testa.

Il verde è un colore molto caro all’Islam, giusto? Perché?
Era il colore preferito del profeta Mohammed, nella tradizione il paradiso è immaginato come un grande giardino verde.

Il velo: per voi una ragazza musulmana che sceglie di non portarlo, perde un po’ della sua identità?
No. Il velo non fa la donna musulmana, non è l’obiettivo, ma uno strumento. Poi, certo, noi lo amiamo moltissimo. Ho rinunciato al mio lavoro da manager in aeroporto, con un ottimo stipendio, proprio per il mio velo. Ma ci sono tante musulmane che non portano il velo e che sono migliori di altre che lo indossano. È un’ovvietà. È importante mettersi il velo sul cuore e sulla bocca, piuttosto che sulla testa. E poi in Occidente non c’è nessun padre o marito che obbliga la figlia o la moglie a questo passo. E tuttavia il velo non impedisce di essere felici, anzi.

Lei vive tra Bologna e Modena: come si trova?
Ho avuto la fortuna di viaggiare molto e l’Italia è davvero l’ottava meraviglia del mondo. Amo Milano dove sono nata perché è cosmopolita. E adoro la Liguria dove sono cresciuta, un posto meraviglioso. Ora vivo a Castelfranco. Come paesaggio, la pianura non è il massimo della vita. Ma va bene così!
(nella foto, da sinistra, Cinzia Rodolfi e la stilista Intissar Nazih)

di Francesco Rossetti

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