Fantascienza profetica: l’intervista a Giorgio Raffaelli, cofondatore di Zona 42

Incontriamo Giorgio Raffaelli, anima e cofondatore della casa editrice Zona 42, specializzata in libri di fantascienza e ci facciamo raccontare quando è nata.

Zona 42 è nata nel 2014, ma il percorso che ha portato alla realizzazione del nostro progetto editoriale è iniziato qualche anno prima, quando ci siamo resi conto che i libri che più apprezzavamo, avevano smesso di essere tradotti in italiano. Chi segue la fantascienza sa bene che, a partire dagli anni ’90, c’è stato un progressivo rarefarsi delle uscite di romanzi anglosassoni nel mercato italiano. Ci siamo incaricati noi di proporre autori di primo piano della scena fantascientifica internazionale, mirando a quel minimo di visibilità indispensabile per crescere e prosperare”.

Perché la fantascienza? Oggi è un genere letterario vivo o un po’ vintage?
Perché la letteratura d’immaginazione in generale, e la fantascienza in particolare, è la modalità letteraria potenzialmente più vicina alle questioni e all’immaginario che muovono il nostro presente. In una realtà in cui il cambiamento tecnologico e sociale rischia di travolgere le nostre abitudini e le relazioni con le persone e l’ambiente, la fantascienza, con la sua capacità di esplorare i confini più avanzati di questo cambiamento, è forse lo strumento letterario più adatto a riflettere su questi tempi complicati. Il suo porsi come interfaccia tra letteratura popolare e letteratura tout court la rende preziosa.

L’identikit del lettore di fantascienza?
Forse sono tre le tipologie più diffuse di lettore fantascientifico: quello affezionato alla letteratura che ha accompagnato la sua giovinezza e che magari legge solo i classici del genere, scettico riguardo a tutto ciò che di nuovo è uscito negli ultimi 20/30 anni. Poi c’è invece il lettore che legge tantissima fantascienza senza rendersi conto che il libro che ha in mano è parte di una tradizione letteraria secolare. In questa categoria rientrano sia i giovani che hanno amato tantissimo cicli di romanzi come “Hunger Games”, sia quelli che leggono Margaret Atwood o Kurt Vonnegut. E c’è invece il lettore curioso, attento alle novità e poco propenso a legarsi a un genere letterario piuttosto che a un altro, che si lascia attirare da proposte più di nicchia.

Oggi ci sono due-tre libri che consiglieresti di leggere a un millennial (compresi quelli da voi pubblicati)?
Domanda difficilissima! Troppi libri belli in giro. Tra quelli che personalmente ho apprezzato di più negli ultimi anni non posso non citare “Lincoln nel Bardo” di George Saunders e “Terminus Radioso” di Antoine Volodine. Tra i libri editi da Zona 42, credo di non esagerare nel dire che “Elysium” di Jennifer Marie Brissett, che abbiamo pubblicato nella traduzione di Martina Testa, si muove negli stessi territori letterari, magari con un pizzico di fantascienza in più.

Dove si trovano e si possono comprare i vostri libri (librerie, internet, etc.)?
A Modena e in provincia i nostri volumi sono disponibili in tutte le librerie, in alternativa si possono acquistare sul nostro sito, o nei maggiori store online.

Da dove comincia la tua passione per la fantascienza? Quali sono stati (e quali sono) i tuoi scrittori di culto?
Ho iniziato a leggere fantascienza saccheggiando da ragazzino la biblioteca di quartiere, per poi passare a quella comunale. I libri dell’epoca a cui sono più affezionato sono le raccolte de “Le grandi storie della fantascienza”, pubblicate all’epoca da SIAD e poi da Bompiani. Erano volumi che presentavano i migliori racconti dell’anno a partire dal 1939. Una vera messe di meraviglie! Se devo citare un paio di autori che costituiscono le fondamenta del mio gusto fantascientifico attuale, direi senza dubbio Iain M. Banks e Ian McDonald, entrambi britannici, entrambi estremamente immaginifici.

Oggi che tutto passa sul digitale, scommettere sull’editoria settoriale non è un’impresa un po’ donchisciottesca?
Scommettere sull’editoria in generale è già di per sé impresa donchisciottesca. Se c’è un settore che è in costante declino da decenni è proprio quello editoriale. Ma non è il digitale il problema. Semmai è la concorrenza pressante di altre modalità d’intrattenimento. Ma come il cinema non ha ucciso il teatro, e la televisione non ha ucciso il cinema, crediamo che per i libri ci sarà sempre spazio.

La realtà di Modena: come ci sei arrivato e che tipo di sensibilità e interesse esprime per l’editoria di nicchia?
Sono arrivato a Modena per frequentare l’Università, e non me ne sono più andato. Tra i miei ricordi più preziosi dei primi anni in città c’è quello della biblioteca nel chiostro di San Geminiano (che ora non esiste più), che aveva una raccolta di fumetti e letteratura di genere davvero ricchissima. Modena ha una lunga e onorata tradizione editoriale, che si è sempre mossa in equilibrio tra letteratura popolare (penso ai fumetti, soprattutto) e produzioni culturali di alto livello. Negli ultimi anni notiamo però un clima molto più tiepido rispetto a tutte quelle proposte che tentano strade periferiche, e propongono opere che esulano dal mainstream. Per dire, nonostante noi si lavori in città, non è certo Modena il posto dove abbiamo i migliori riscontri rispetto alla nostra proposta. Ma noi insistiamo…

 

di Francesco Rossetti

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