Graziano Romani, tra Springsteen, Dylan, i Rocking Chairs e il nuovo album dedicato al Boss

Dal New Jersey a Casalgrande l’anima sprigionata dalle canzoni di Bruce Springsteen corre sul filo di una chitarra e di una voce, quella di Graziano Romani (foto), che il 19 maggio farà uscire il suo nuovo disco “Soul Crusader Again”, dodici tracce di un boss sconosciuto al grande pubblico, tutto da riscoprire.

Graziano, hai scelto canzoni poco note, una selezione decisamente poco ruffiana. Come le hai selezionate?
In base al mio feeling. Ne ho provate molte di più, poi ho scremato e sono arrivato a questa struttura di album. Ho analizzato con cura i testi e scelto canzoni poco battute. È il caso di “Protection”, scritta per Donna Summer, a cavallo del successo planetario di “Born in the Usa”. Sono il primo maschietto al mondo a pubblicare quel brano. Nel complesso è un album in tono soul-blues che sento molto mio, ho cercato di offrire un altro punto di vista sul repertorio, non il solito tributo. Sono abituato a fare mie le canzoni di altri. Per esempio “Rimmel” di De Gregori, “L’aquila” di Battisti, “Confesso” di Piero Ciampi.

Lo definisci un tributo di riconoscenza. In che senso?
Era il 1981, andai a vedere quel magnifico concerto del tour di “The river” all’Hallenstadion di Zurigo. Al ritorno ero così galvanizzato che dicevo dentro di me: metto su una band di rock&roll, adesso voglio fare sul serio. Di mio strimpellavo già, ma volevo provare a replicare l’emozione che mi aveva trasmesso il concerto. Da lì a una dozzina di giorni avevo fondato i Rocking Chairs. Rilevai la band di Paolo Belli, quando lui la lasciò per formare a sua volta i Ladri di Biciclette. Qualche anno dopo entrarono anche i modenesi. Tra questi Max Marmiroli, grande sassofonista che suona anche in questo disco e suonerà nella nuova band. Già nel primo disco dei Rocking Chairs inserimmo “Restless nights”. Era il 1987, son passati 30 anni!

Oltre al cd, pubblichi anche un 33 giri e un 45 giri in vinile…
Sì, sono usciti per sostenere il Record Store Day del 22 aprile. Entrambi sono preziosi. Il 45 è peculiare perché nella b-side c’è un pezzo “When the light go out” che non sarà né nel 33, né nel cd. Nella facciata A c’è invece questa ballata “Lift me up”, piuttosto rara e atipica per Bruce. Era nei titoli di coda di un film del 1999 che hanno visto in pochi: “Limbo” di John Sayles. Una ballata che Springsteen ha cantato raramente dal vivo, ma sempre in falsetto, una versione un po’ straniante. Ho voluto riproporla con una voce più vicina ai crismi del repertorio springsteeniano.

C’è anche “Because the night”…
Sì, Bruce la regalò a Patti Smith. Lei aggiunse un taglio più vicino alla sua poetica, ma il pezzo è di Springsteen. Pensa che in realtà era stata scritta per Elvis, ma Bruce non fece in tempo a fargliela avere.

I testi di Springsteen sono racconti…
Alcuni sfiorano l’autobiografico. In “Factory” racconta di suo padre che va in fabbrica, è il bambino che guarda il padre uscire la mattina presto. Una canzone operaia, costruita su frammenti di quotidianità. Poi ci sono ballate d’amore, e molta ironia.

L’anno scorso De Gregori ha dedicato un album a Dylan. Che ne pensi?
Posso dire che abbiamo avuto lo stesso approccio di rispetto e reinterpretazione. Certo lui l’ha anche tradotto e ha adattato i testi, uno sforzo encomiabile. Sono contento che hai citato questa similitudine.

A proposito di testi, cosa ne pensi del Premio Nobel a Dylan?
Assolutamente doveroso, poteva avvenire anche prima. Poi mi fa sorridere l’atteggiamento di Dylan che prende il premio come se fosse una pesca di beneficienza di borgata. Amo particolarmente un suo libro che si chiama “Tarantula”. Ci faccio risate incredibili a rileggerlo ogni tanto.

Darkness in the Edge of Town

Graziano, a fine mese debutterai a Trieste?
C’è una kermesse di quattro giorni. Io suonerò il 29, nella stessa serata della Treves Blues Band. Sarà la première del mio tour. Con Fabio, che è un amico, a fine serata usciranno fuori delle belle jam sessions.

In zona dove suonerai?
Intanto a Casalgrande c’è un appuntamento fisso, quello di sabato 29 luglio, il mio raduno ufficiale. Venite!

Springsteen sarà contento della vittoria di Trump?
Certo che no! Ho visto che ha appena pubblicato sul web un pezzo anti-Trump, scritto insieme a un cantautore di Pittsburgh (ndr. “That’s what makes us great” con Joe Gruschecky). Ma in fondo credo che Bruce abbia moltissimi estimatori anche fra la gente che ha votato Trump.

Il tuo album preferito del Boss?
“Darkness on the edge of town”. Ero ancora un ragazzino, ricordo perfettamente il giorno in cui acquistati il vinile a Reggio Emilia. Lo ascoltai no-stop per tre giorni. “Born to run” l’avevo già ascoltato in radio, ce l’avevo in cassetta. Con “Darkness” invece, era già l’epoca che, grazie ai primi risparmi, mi compravo i 33 giri.

Bella anche la copertina di quell’album, le foto in quella casa con la carta da parati, non trovi?
È vero, quelle foto (ndr. di Frank Stefanko) trasmettono un’innocenza del personaggio, ancora non inglobato nell’ingranaggio del music business. È ancora un giovane appassionato e timido, c’è una purezza che rimanda a certi eroi del cinema americano degli anni ‘70.

di Francesco Rossetti

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