In viaggio con Cocca e Kikki: l’intervista al fumettista Roberto Borghi

Cocca e Kikki”, l’albo a fumetti che Roberto Borghi ha pubblicato con l’editore Borghi (con cui condivide la modenesità, senza però alcun legame di parentela), si presenta come un volume cartonato di grande formato e grande suggestione visiva. Per questo può ben rappresentare un’ottima idea per una strenna natalizia, e perdonerete l’anticipo con cui lo segnaliamo.
Borghi lavora da una ventina d’anni in biblioteca, in quel luogo speciale che è la Delfini di palazzo Santa Margherita. Disegna da sempre, una passione che lo scorso anno si è incanalata nel progetto di un libro scritto tutto in dialetto modenese, una ‘grammatica della fantasia’ in salsa geminiana, un atto d’amore verso i modi di dire e gli aforismi di un’arguta cultura popolare.

Roberto, com’è nata l’idea del libro?
Dagli orti per anziani.

Davvero? In che senso?
Sì, l’idea è nata in quel contesto. Mia mamma ne cura uno da 30 anni, con quella piccola fetta di terra si è creato un significativo rapporto familiare. E’ una comunità. Alcuni degli altri gestori degli orti, sapendo della mia passione, mi hanno chiesto se potevo disegnare una staccionata. Ho cominciato in totale libertà, mi sono venuti fuori due personaggi: il galletto Kikki e la gallina Cocca, e si è fatta strada una piccola storia legata alla crescita della verdura.

Una storia interamente in dialetto: l’hai scritta tu, da solo?
Sì, ma ho raccolto molti suggerimenti rispetto ad alcune espressioni. Scrivere in dialetto, restituire su carta la corretta accentazione è estremamente difficile. Mi sono consultato anche con la Pulonia della Famiglia Pavironica. Gli stessi vocabolari sono discordanti fra loro. A volte ho deciso io, andando a orecchio, magari non sempre avrò fatto la scelta più ortodossa, ma restando fedele al mio sentire personale. Comunque il libro contiene anche un glossario.

I tuoi protagonisti sono dunque un gallo e una gallina…
Non solo, ci sono il pulcino Pio, l’asino Ciuchini, ci sono i piccioni (pizòun)… Alla fine c’è una mia memoria personale. Potrebbero pensare che io sia un erudito del dialetto, ma non lo sono. Piuttosto sono affezionato al discorso della natura e della campagna. Nella mia infanzia ho vissuto gli ultimi scampoli della campagna, i nostri giochi non erano i videogiochi (che, per carità, sono fantastici), ma erano altri, più semplici.

Eppure la tua è un’opera fresca, non la definirei ‘nostalgica’…
Mi fa piacere che lo noti. Sono ben contento di vivere nell’oggi, ma se c’è una nostalgia è verso un proprio vissuto, ma per le ‘buone cose di una volta’. La nostalgia per la nostra infanzia invece, quella sì, è inevitabile. Il mondo continua ad andare avanti, e i bambini vivranno comunque sempre un’infanzia straordinaria, almeno si spera.

Il libro è anche un oggetto di pregio…
Sì, c’è stata molta cura nel realizzarlo e devo ringraziare l’editore e chi mi ha seguito. So che in diversi l’hanno regalato, perché c’è la scelta del dialetto. Magari insieme alla bottiglia di lambrusco, sentono questo libro come un omaggio alla modenesità.

Il volume si chiude con una sorta di tuo personale amarcord…
Non avevo messo in preventivo di scrivere sulla mia infanzia, ma è stata un’esigenza cresciuta via via come una pianta spontanea. Ho voluto scrivere un testo che restituisse un racconto a coloro che hanno letto queste tavole, per ritrovare qualcosa, non dico di perduto, ma di non espresso.

Da quanto è che disegni?
Da sempre. Uno dei primissimi ricordi che conservo è proprio di me che disegno, con mia madre vicina che m’insegna. Il disegno non l’ho scoperto, ce l’ho da sempre come attitudine spontanea, forse è lui che ha scoperto me.

Cosa disegnavi da bambino?
Braccio di Ferro. E’ stato forse il primo personaggio a catturarmi. Leggevo fumetti e guardavo i cartoni animati in tv.

Com’è scaturita la scelta di farne un albo così curato?
Grazie al mio editore, che ha creduto nel progetto, dandomi input e suggerimenti. Ci siamo confrontati decine di volte.

Modena è una città di fumettisti, da Paul Campani a Bonvi. C’è un qualche Genius loci?
Immagino di sì, ma non so per quale motivo. A me il fumetto interessa come forma di espressione, insieme a tante altre.

Vivi in mezzo ai libri: ti ci trovi bene?
I libri sono le coperte ideali. Quale lavoro altrettanto appagante può esserci, se non vivere tra opere, idee, persone, in un luogo vitale, pieno di persone!

Hai mai pensato di farne una riduzione teatrale?
Sì, l’ho pensato. Vedremo, potrebbe essere una cosa molto simpatica, lavorando sui costumi, divertendosi.

Infine: dove si può comprare il libro?
A Modena Fumetto, in viale Monte Kosika 198, ma è presente anche in diverse edicole. La cosa più importante è che sia il passaparola a funzionare, come sembra che avvenga.

 

di Francesco Rossetti

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