La favola noir di Marino Neri, fumettista autore di “L’incanto del parcheggio multipiano”

Mescola i generi e li restituisce con un inconfondibile segno personale, il nuovo albo a fumetti del modenese Marino Neri (nella foto), appena uscito in libreria per i tipi della Oblomov. “L’incanto del parcheggio multipiano”- questo è il titolo – descrive le traiettorie umane di due personaggi, destinate a incrociarsi in un ‘giallo metafisico’ che dura il tempo di una debole nevicata invernale.

Marino, la neve e il climax del racconto mi hanno fatto pensare a “Fargo” dei fratelli Coen. C’entra qualcosa?
Beh, la provincia ha tratti comuni un po’ dappertutto.

Sei di ritorno da Lucca Comics. Com’è andata?
Molto bene. È stata l’occasione di incontrare e scambiare quattro chiacchiere con altri autori. Ho passato ore a elargire dediche disegnate, che sono poi un modo per scambiare impressioni a tu per tu con i lettori. È un momento di apertura importante e raro, di solito siamo dentro casa a disegnare…

A due anni da “Cosmo” (Coconino), di nuovo torni su ambientazioni periferiche, ai margini…
L’idea era realizzare una ghost-story che fosse anche un giallo. Per riattualizzare il genere, il fantasma non vive in una casa abbandonata, ma è un ragazzo immigrato di seconda generazione che vive in un parcheggio multipiano. Inizio da una sorte di suggestione, un’immagine o una serie di immagini. Avevo l’idea di questo fantasma – Jamal – che s’incontra con un uomo un po’ allo sbando, che vive ai margini, Zolfo.

Ecco, utilizzi sempre nomi particolari: Zolfo, Cosmo…
Fa parte del gioco del fumetto, un linguaggio adulto, complesso, che può giocare al pari del cinema e della letteratura. I nomi, così come gli abiti dei personaggi, diventano iconici. Insomma, c’è un lavoro di sintesi che riguarda anche i nomi.

All’inizio del libro citi una frase di J. G. Ballard. È un autore di riferimento per il tuo immaginario?
Non ho mai affrontato direttamente il genere fantascienza, ma in effetti ho letto molto Ballard, fin da ragazzino. Questo non è un libro ballardiano, ma mi piaceva molto quella sua frase. Perché questo libro ha anche un terzo personaggio che è il paesaggio architettonico. Fatto di palazzi popolari dove abita Zolfo, ma anche l’abitazione di stile modernista dell’avvocato… Sento forte la fascinazione per questi luoghi di recente ideazione, che vorrebbero essere anzitutto utili e invece dimostrano tutta la loro inefficacia, trasformandosi in non-luoghi, rimanendo spesso vuoti, deserti. Parcheggi multipiano come grandi cetacei spiaggiati. Luoghi disumanizzanti. Punti bianchi nella mappa cittadina. Esiste tutta un’architettura del disagio senza spazi in comune, senza verde. Luoghi fantasmatici dove naturalmente crescono sacche di marginalità.

Il protagonista Zolfo, che tipo di personaggio è?
È un disadattato, ha problemi di lavoro. Ho sempre guardato a personaggi marginali per le mie storie, anche perché mi permettono di giocare in contrasto. Non mi interessa raccontare persone di successo o con uno status sociale consolidato.

Zolfo porta sempre con sé uno di quei souvenir tipici, una palla di vetro con la neve che cade all’interno…
La palla di vetro, in effetti, è un oggetto ricorrente nel libro. Ed è anche una metafora, nel senso che Zolfo e Jamal sono imprigionati nelle loro condizioni, come dentro a una palla di vetro dalla quale non riescono a uscire.

La storia si apre con un perentorio “sono morto”, come un vero e proprio classico del noir…
Sì, ricorda l’incipit di “Viale del tramonto” di Billy Wilder. Parte così un flashback del protagonista che mi permette di dare alla storia un’aura favolistica. Questo è un libro anche un po’ natalizio, per i fantasmi, la neve, la palla di vetro che Zolfo porta con sé. Una favola che unisce iperrealismo a elementi onirici.

Il libro contiene anche un’appendice: Il sogno di Zolfo.
È il sogno che Zolfo cerca di raccontare per tutta la storia, senza mai riuscirci. Il sogno sarebbe dovuto essere all’inizio, invece trovandolo alla fine, il lettore può rileggere e comprendere la storia attraverso, appunto, questo sogno.

Da Coconino a Oblomov, prosegue il tuo rapporto con Igort, un grande maestro del fumetto italiano…
Sì, con Igort avevo un rapporto di fiducia avviato quando era ancora art director della Coconino; con lui avevo avviato il lavoro. Lo ammiro per la cura che dedica all’oggetto cartotecnico: stampa, materiale. Condivido con lui anche l’idea di fumetto come un linguaggio capace di confrontarsi con gli altri linguaggi adulti, una forma d’arte popolare come la musica e il cinema. Mi ritrovo nella sua attenzione al catalogo.

Il libro si conclude ringraziando Beatrice Pucci, Andrea Chiesi e Martina Caschera, e una dedica a Marco Neri..
Mio nonno. È mancato quest’anno e gli ho dedicato il libro.

Era un disegnatore anche lui?
No, ma è stato importante per il suo essere giocoso, per aver passato molto tempo con me quand’ero bambino.

L’incanto del parcheggio multipiano” verrà presentano a Modena nel pomeriggio di sabato 8 dicembre alla libreria Ubik di via dei Tintori 22, a Modena.

 

di Francesco Rossetti

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