La storia di Thelma: nigeriana, vive a Modena da 20 anni e lavora in farmacia

Si chiama Thelma Adaora Oguezue, ha 26 anni, si è laureata in Chimica e Tecnologia farmaceutiche e fa il tirocinio presso la Farmacia comunale di Campogalliano. La sua è una storia esemplare di integrazione in Italia, una vicenda che mette al centro il tema del riconoscimento della cittadinanza. Sono 18 anni che Thelma vive, studia e lavora in Italia, ma non è ancora cittadina italiana. In una pausa ci racconta la sua storia. “Sono nata in Camerun, da genitori nigeriani. La mia famiglia è originaria del sud-est della Nigeria, fa parte dell’etnia Ibo. Sono la seconda di quattro figli. Nel 1993 mio padre si è trasferito in Italia, a Modena. Noi (mia madre con i figli) l’abbiamo raggiunto nel 1999. Mio fratello più piccolo è addirittura nato qui”.

Che ricordi hai di questo trasferimento in Europa?
Fu un salto notevole. Un anno prima, nel 1998, eravamo tornati in Nigeria, per avviare e seguire tutta la trafila dei documenti. Inoltre mio padre ci teneva che imparassimo la lingua Ibo, che ovviamente si sta un po’ perdendo col passare del tempo. La mia lingua natale è l’inglese.

Dell’Italia, dell’Europa, che idea hanno in Nigeria?
In Africa tutti tendono ad averne un’idea bellissima. Io da piccola pensavo che i palazzi e le ville sulle cartoline spedite da papà ritraessero la sua casa. Laggiù non capiscono che in Italia la vita non è tutta rose e fiori. Del resto, devo anche dire che, se hai un buon reddito, per certi aspetti si vive meglio là che qua. In Italia ho trovato temperature più rigide. Qui ho visto per la prima volta la neve, ricordo ancora lo stupore di guardarla scendere dalla finestra. In Africa, quando ci sono 23-25 gradi, la gente si mette addosso una felpa. Se lo facessimo noi ora, moriremmo di caldo.

A scuola come fu l’approccio?
Difficile, anche solo per il fatto di passare da una classe di tutti neri a un’altra di tutti bianchi. In più, parlavano una lingua che non capivo. Non sapevo l’italiano. Il cibo in mensa non mi piaceva. Il formaggio e il prosciutto, per i quali ora vado matta, all’inizio avevano un odore difficile da sopportare. Poi, senza quasi accorgermene, dopo un annetto, l’italiano lo parlavo abbastanza bene. Alle superiori ho frequentato il Selmi, con indirizzo biologico. L’ho scelto un po’ per caso, perché ero affascinata dal nome delle materie. Al quarto anno dovevamo fare uno stage, io ho scelto di farlo all’Università e mi sono trovata bene. Finite le superiori, sono andata a qualche incontro di orientamento. Ero tentata di studiare scienze dietetiche. Ma sono contenta di aver scelto il CTF. L’Università è stata bella e impegnativa, soprattutto i primi due anni, per prendere le misure con i ritmi e i carichi di studio.

E com’è il lavoro in farmacia?
Mi piace. Passare dallo studio al lavoro è sempre impegnativo e istruttivo. Molte cose le impari sul campo. Per esempio nel rapporto con il cliente, quando ti chiedono consigli, devi essere convincente e sicura. Anche se sei consapevole che non si è mai preparati al 100%. Le richieste sono a 360 gradi: si passa dal neonato al bambino, all’anziano che assume una serie di farmaci che non devono fare contrasto.

Far convivere in se stessi due culture è una fortuna o un problema?
È una ricchezza, ma purtroppo sono in pochi a coglierla, a riconoscertela. Si tende sempre a fare classificazioni. Quando ti dicono: come parli bene italiano! Ecco, vuol dire che non ti considerano italiana. Inoltre, posso capire che la questione profughi e immigrati è complessa, ma generalizzare è sempre decisamente sbagliato.

Thelma, è vero che c’è una diffusa ipocondria in giro?
Un po’ è vero, in farmacia arrivano persone che per ogni piccola cosa vogliono qualcosa. Se uno presenta un lieve rossore in un punto della pelle, beh, a volte è sufficiente aver la pazienza di aspettare due giorni, probabilmente passa.

E’ vero che la tua famiglia si è di nuovo trasferita per ragioni di lavoro?
Sì, a Modena siamo rimasti io e mio fratello maggiore. I miei genitori e i miei due fratelli piccoli sono andati in Scozia, a Glasgow, dove mio padre ha trovato migliori condizioni di lavoro. Nel frattempo ho una carta soggiorno illimitato mentre ho chiesto la cittadinanza un anno fa. Sto aspettando.

Ti pesa non averla?
E’ strano, perché nello stesso nucleo familiare qualcuno ce l’ha e qualcun’altro no. I doveri ci tocca rispettarli tutti, le tasse le paghiamo. Mentre ci sono dei diritti che non abbiamo.

Quali sono i tuoi hobby?
Mi piace leggere. Solo di recente, grazie a un mio amico, ho scoperto gli autori africani che prima non leggevo: Chinua Achebe, Chimamanda Ngozi Adichie, una scrittrice femminista molto attiva. Mi riprometto di leggere anche Wole Soyinka, premio Nobel, dell’etnia Yoruba. Poi mi piace ballare, ascoltare la musica. E viaggiare, anche se appunto, sono un po’ limitata per il fatto dei documenti.

L’Italia non si è qualificata ai Mondiali, la Nigeria sì.
Me l’ha detto mio fratello, io non seguo il calcio. Beh, ai Mondiali potrete adottare la Nigeria come squadra sorpresa.

di Francesco Rossetti

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