Modena Ieri & Oggi, ricordando il ghetto ebraico

Le questioni urbanistiche sulla Modena del prossimo futuro infiammano il dibattito politico e animano qualche discussione perfino nei bar del centro. Per questo ogni tanto vale la pena voltarsi indietro e ricordare la città che fu, peraltro senza indulgere in nostalgie. In occasione della Giornata della Memoria cogliamo quindi l’occasione per raccontare la storia della comunità ebraica della nostra città. Centodieci anni fa, nel 1904, il ghetto veniva demolito e piazza Mazzini si palesava, quasi improvvisa. In allegato all’articolo trovate una vecchia foto ingiallita scattata proprio in quell’anno (foto Fondazione G.Panini). La storia degli ebrei a Modena merita di venir rammentata, con la consapevolezza che non si può riassumere in poche righe. Sotto la Ghirlandina la comunità ebraica ha giocato un ruolo significativo, simile per certi aspetti a quello di una corporazione professionale, in termini di relazioni con i diversi poteri della città e di autonomia interna, per esempio in materia di giustizia civile.

A Modena il ghetto è del 1638, quando in Europa si combatteva la Guerra dei Trent’anni e in Italia Galileo Galilei viveva gli ultimi anni di studioso dopo la condanna del Sant’Uffizio e l’abiura delle sue scoperte astronomiche. Quarant’anni prima, nel 1598, Ferrara era passata sotto lo Stato Pontificio e a Modena, al seguito del Duca, erano approdate diverse famiglie ebree. Fino alla creazione del ghetto erano cinque le sinagoghe in città: due oratori privati in Contrada San Giorgio, le sinagoghe pubbliche Sanguinetti (presso i Servi) e Usiglio (l’attuale palazzo Levi, in piazza Mazzini, vicino all’edicola), e la sinagoga de’ Poveri in via Trivellari. La decisione di istituire il ghetto venne presa da Cesare d’Este.

Il ghetto comprendeva due isolati fra le contrade Blasia e Coltellini. I quattro portoni venivano aperti all’alba e chiusi al tramonto. Poi ci furono progressivi allargamenti fino a comprendere vicolo Squallore e via Torre. Gli ebrei mantennero sempre una comunità fortemente unita da legami solidaristici, capace di limitare le fughe dal ghetto, di arginare le pressioni di Chiesa e Stato e di produrre intellettuali. La comunità modenese diede i natali a brillanti kabbalisti, come R. Avraham Rovigo (1650 – 1713) e Aaron Berechìa Modena (1576 – 1639), autore di trattati diffusi nell’Europa orientale e in quella capitale dell’ebraismo europeo che fu Praga. (La kabbalah è quella branca esotorica e mistica dell’ebraismo, un corpus di insegnamenti su come vivere che attrae molte persone anche ai giorni nostri).

Nel 1790 gli ebrei in città erano 21.794, un bel numero! I cognomi delle famiglie ebraiche più influenti? Modena, Sanguinetti, Formiggini, Levi, Sacerdoti, Rovigo, Norsa, Usiglio e Fano. Nel 1904, infine, con la demolizione del ghetto, si chiuse un capitolo di storia cittadina.

di Francesco Rossetti

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