Modena, l’alba dell’Impero: l’intervista allo scrittore Gabriele Sorrentino

È il 45 a.C. quando Giulio Cesare ottiene l’onore del trionfo, il massimo riconoscimento tributato a un generale vittorioso. Roma è ancora una repubblica, ma Cesare regna ora come un sovrano assoluto, anche se non per molto, fino alle Idi di marzo del 44, quando viene pugnalato a morte, e in diversi si posizionano per succedergli, compreso il giovanissimo Ottaviano, futuro Augusto. Questo, in due frasi, il prologo al corposo e avvincente nuovo romanzo storico di Gabriele Sorrentino, “Mutina. L’alba dell’Impero”, edito da ArteStampa (pagg. 368, 18 euro), disponibile in tutte le librerie di Modena e provincia, ma anche in ebook (8,99 euro).

Gabriele, intanto partiamo dalla tua passione per la storia e per l’antica Roma. Quando è scoccata?
Già alle scuole elementari. Nei ringraziamenti cito infatti mio padre, anche lui un appassionato di storia (e dalla memoria più allenata della mia). Da piccolo mi leggeva L’Eneide, come fosse un racconto. Ho anche molte foto di me bambino al Museo Lapidario. Quell’immaginario che rimanda agli antichi romani mi è sempre suonato familiare. Una passione che poi ho coltivato negli anni. Non ho mai trovato lo studio della storia pesante da piccolo, devo a mio padre se me l’ha resa interessante da subito.

In che modo Mutina (vale a dire Modena) gioca la sua parte nella vicenda storica di quegli anni?
Nel 43 a.C. a Modena si combatte una battaglia importante. In realtà furono due, una anche a Castelfranco. Marco Antonio stava assediando Modena, dentro cui era asserragliato Bruto, governatore della Gallia Cisalpina, uno degli assassini di Cesare. Attenzione, non quello del “tu quoque, Brute”. Il senato di Roma invia allora i consoli, per difendere Mutina dall’assedio.

E Ottaviano, che ruolo gioca?
È ancora, molto giovane, solo diciannove anni; è il figlio adottivo di Cesare. Con il denaro dell’eredità, compra la fedeltà di due legioni, mettendo in piedi una sorta di esercito privato. Si propone al potente Cicerone con l’intenzione di voler portare la pace fra le due fazioni. E in tal modo riesce a partire anche lui per Modena.

La battaglia è cruenta?
Come tutte. Bisogna considerare che siamo in inverno, è una zona di paludi, fa freddo, malgrado le raffigurazioni dei romani, sempre con queste grandi tuniche.

Come va a finire?
Antonio è sconfitto, ma muoiono anche i due consoli: Pansa e Irzio. La loro morte è uno degli aspetti più controversi, qualche storico dice che c’è lo zampino di Ottaviano. Prove certe non ce ne sono. Di sicuro, alla fine, Ottaviano rimane l’unico comandante in campo. C’è una famosa scena raffigurata anche in un affresco del palazzo comunale di Modena, nella sala del Fuoco, ad opera di Nicolò dell’Abate. Mostra Bruto e Ottaviano che si guardano in cagnesco. Comunque, Ottaviano, alla guida di otto legioni, marcia su Roma e si fa nominare console. Da lì comincia la sua ascesa politica. Se Ottaviano avesse perso a Modena, le cose sarebbero andate diversamente. E Modena viene citata nella 5ª Filippica di Cicerone come “firmissima ac splendidissima”.

Cicerone poi venne fatto assassinare da Ottaviano?
Tra i due ci fu un rapporto particolare, ma in politica le cose cambiano, per convenienze varie. Ovviamente il clima era piuttosto violento, da guerra civile.

Gabriele, il tuo romanzo cura molto l’ambientazione…
Sì, credo che un lettore appassionato di romanzi storici si aspetti i dettagli. Ho cercato di ricostruire e immaginare la quotidianità di quel tempo, come si viveva realmente.

E a precedere la narrazione, proponi un capitolo molto dettagliato sulle coordinate storiche…
Una scelta decisa in accordo con l’editore, come avevo fatto per “Il grido della verità”, un altro mio romanzo ambientato nel Risorgimento. Il lettore ha in questo modo gli strumenti per godersi la narrazione e inquadrare meglio il periodo.

La vicenda viene narrata in soggettiva da cinque personaggi inventati. Ma quanti personaggi ci sono in tutto, fra reali e immaginati?
Confesso che non li ho contati. Ma ci sono anche un elenco di città, citate con il loro nome latino, un piccolo glossario di termini latini, e un glossario di parole italiane, che alora avevano un significato diverso da quello che hanno oggi.

Per esempio?
Nell’antica Roma la basilica non era certo la chiesa, ma un edificio utilizzato come luogo di riunioni pubbliche e di amministrazione della giustizia. Se dico “curia” pensi al vescovo, all’epoca era invece il luogo in cui si riuniva il Senato.

Verso la fine ci sono anche delle Epistole…
Quelle mi servono da epilogo, per gettare lo sguardo a quello che è successo dopo. Alcuni dei personaggi sopravvissuti alla guerra si scrivono e raccontano il seguito, fino al 27 a.C.

Sono tre le prossime presentazioni: a Reggio Emilia il 22 ottobre (al ristorante Cucine Clandestine), a Modena il 29 ottobre, alle 17.30, alla Caffetteria del Palazzo dei Musei. Infine il 2 dicembre da Emily Bookshop. Il sito internet dell’autore è www.gabrielesorrentino.it

di Francesco Rossetti

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