Se il politico fa il tifo: Lorenzo Longhi racconta calcio e politica nel suo ultimo libro

Italiani, popolo di santi, poeti e navigatori… e, aggiungiamo noi, anche allenatori della Nazionale di calcio. I politici non fanno eccezione, come racconta Lorenzo Longhi nel suo documentatissimo e divertente libro “Prima Repubblica Football Club. Almanacco illustrato 1948-1994”.

Lorenzo, come e quando è nata l’idea del libro?
La lampadina si è accesa un paio di anni fa. Mi ero occupato in diverse occasioni, per alcune testate con cui collaboravo, di scrivere di episodi segnati dalla commistione tra sport e politica, calcio soprattutto, e dei profili propagandistici che spesso vi si accompagnavano. Disponevo di diverso materiale e, a quel punto, ho pensato che avrebbe avuto un senso ampliare il tutto attraverso studi e ricerche che potessero portare a qualcosa di più organico. Un libro, appunto.

Che tipo di ricerca hai compiuto? Archivi di quotidiani, etc.
La ricerca di archivio è stata lunga e paziente. Online esistono gli archivi storici de La Stampa e, prima che sparissero per poi ricomparire sulla rete libera TorBrowser, anche quelli de l’Unità. Occupandomi del periodo della Prima Repubblica, quando il web come lo conosciamo noi non esisteva, il riferimento giornalistico è stato rappresentato soprattutto dai quotidiani cartacei. Gran parte della ricerca, tuttavia, si è concentrata sugli archivi di Camera e Senato: le interrogazioni parlamentari, i riferimenti normativi e diversi altri appigli fattuali arrivano dalla fonte diretta. Ho passato ore e ore a leggere documenti.

Qual è il collante più forte fra calcio e politica in Italia: i soldi, la popolarità fra la gente?
Direi la popolarità. Il filo conduttore del libro, a ben guardare, è la propaganda.

“Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”: Churchill aveva ragione o è solo la frase di uno snob inglese?
Entrambe le cose. Al di là del sarcasmo della battuta, perché di battuta si tratta, in fondo credo che quella frase abbia colto con acume lo spirito di un popolo.

Quanto ti sei divertito a scriverlo?
Parecchio, perché a fronte di un corpus di ricerca molto vasto e di un forte ancoraggio ai fatti, ho alla fine deciso di utilizzare un registro ironico, non da saggio, sia nella struttura del libro che nel linguaggio. E fra gli aneddoti che riporto, ve ne sono alcuni nei confronti dei quali è davvero difficile trattenere una risata.

Raccontaci un aneddoto curioso…
Faccio fatica anche a sceglierne uno: dall’irruzione del ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino alla sede Rai di Napoli per gustarsi gratuitamente un Milan-Napoli in diretta e in bassa frequenza, con tanto di tifosi-elettori al seguito, sino ad interrogazioni parlamentari talmente improbabili da rendere difficile credere che siano stata davvero proposte, c’è l’imbarazzo della scelta. Eppure, come titolò la Gazzetta dello Sport dopo la vittoria dei Mondiali nel 2006, è tutto vero.

La Juventus rimane la squadra più amata anche fra i politici?
Sì, se non altro anche per motivi puramente statistici. Ciò che magari fa specie è che, nella Prima Repubblica, si trovavano ferventi juventini fra i dirigenti più in vista del PCI. Curioso, considerando che la Juventus era la squadra degli Agnelli.

In Italia oggi: sta più in salute il calcio o la politica?
La FIGC e la Lega di Serie A, in questo momento, sono commissariate, e questo dice tutto sul loro pessimo stato. Ma la politica sta molto peggio. (nella foto, Giulio Andreotti stringe la mano a Carlo Ancelotti)

di Francesco Rossetti

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