Con “Varchi nel tempo”, in centro storico riemerge la Mutina Romana

Da oggi, venerdì 12 maggio e fino al 14 maggio nel centro storico di Modena in cinque diversi luoghi (piazza Grande, piazza Roma, Palazzo Carandini, Palazzo della Provincia, largo S. Biagio), cinque street artist internazionali (Kurt Wenner, Leon Keer, Julian Beever, Eduardo Relero e Vito Mercurio), sfonderanno illusoriamente la pavimentazione della città attraverso la tecnica artistica dell’anamorfismo, per “svelare” con la Street art 3D i siti più significativi della città romana di Mutina, celata nel sottosuolo.

L’evento intitolato “Varchi nel tempo”, a cura di Cristiana Zanasi e Alessia Pelillo dei Musei civici di Modena si svolge nel programma, realizzato col sostegno della Fondazione Cassa di risparmio di Modena, di “Mutina Splendidissima” nei 2200 anni dalla fondazione (www.mutinasplendidissima.it), nell’ambito del progetto “2200 anni lungo la Via Emilia”, che riunisce Modena, Reggio Emilia e Parma, ed è promosso dai tre Comuni, dalle Soprintendenze Archeologia di Bologna e Parma, dal Segretariato Regionale Beni, Attività culturali e Turismo, e dalla Regione Emilia – Romagna (www.2200anniemilia.it).

cantiere street art piazza grande

Con “Varchi nel tempo” sono cinque i siti della città romana celata nel sottosuolo che gli artisti specialisti in illusioni anamorfiche “faranno emergere”.
Anfiteatro. Età imperiale. Nel 1940 sondaggi con “trivella” nell’area fra via Mondatora e via Canalino rilevarono nelle zone all’interno degli edifici l’assenza di costruzioni fino a sei metri di profondità. Negli scantinati si rilevò invece presenza ininterrotta di manufatti in laterizi a profondità progressivamente decrescente, dalla strada verso l’interno degli edifici. Questa evidenza fu interpretata come indizio di strutture a gradoni riferibili alla “cavea” di un teatro o un anfiteatro. L’ipotesi fu avanzata tenendo conto del particolare andamento di via Mondatora e via Canalino, chiaramente visibile in foto aerea, che permette di ipotizzare una preesistente grande struttura ovale, forse un anfiteatro. La possibile dimensione dell’edifico, m. 130 x 90, è stata ricavata anche sulla base del rinvenimento in via S. Geminiano, a profondità analoga a quella di via Mondatora e via Canalino, di un grosso muro con elementi architettonici che potrebbe riferirsi alla parte meridionale dell’anfiteatro. A sostegno dell’esistenza di uno o più luoghi per spettacoli a Mutina c’è un ironico riferimento di Marziale, poeta del I secolo d.C., che scrive: “Un ciabattino, o dotta Bologna, ti ha offerto dei ludi; un lavandaio a Modena li offerse: ora un oste dove li offrirà?”. Suggestivi due ritrovamenti da uno scavo in piazza Grande, non lontano dal presunto anfiteatro: una tessera per ingresso a spettacoli in osso a forma di pesce con tre tacche verticali (terzo settore?) e un frammento di maschera teatrale.

Capitolium. Prima età imperiale. Il perimetro della città romana, esteso per circa 35 ettari, corrispondeva alla parte orientale dell’attuale centro. Il confine orientale correva lungo le vie Trento Trieste e Ciro Menotti, l’occidentale coincideva col lato est di piazza Grande. A sud il limite era via Mascherella e a nord attraversava piazza Roma. All’inizio dell’età imperiale un’espansione demografica porta Mutina a estendersi intorno ai 50 ettari. Ritrovamenti nella parte più orientale hanno fatto ipotizzare il foro nella zona fra viale Martiri della Libertà a est, Rua Pioppa a ovest, largo Garibaldi a nord, via Mascherella a sud. Sul lato settentrionale del foro, in corrispondenza di San Biagio, si doveva trovare il “Capitolium”, tempio della città, in posizione dominante e affacciato sulla via Emilia. Le dimensioni degli isolati modenesi e i confronti con altri “capitolia” dell’Italia settentrionale fanno pensare a un edificio su un podio, circondato sui tre lati da portici larghi otto metri. Il Capitolium, sul modello del tempio sul Campidoglio a Roma dedicato alla Triade capitolina (Giove, Giunone, Minerva), indicava che la città era colonia romana.

Terme. Prima età imperiale. Sul lato meridionale del foro, in corrispondenza del Palazzo della Provincia, sono state individuate tracce delle terme. Scavi del 1844 – 45 portarono alla luce, a sei metri di profondità, una strada romana affiancata da edifici riferibili a impianto termale, interpretati come “calidarium” e “tepidarium”, con pavimento,uno a mosaico e l’altro in marmo, sostenuto da pilastrini per consentirne il riscaldamento. Sotto si individuò un grande condotto fognario e un complesso sistema collegato di canalette di scolo. Le terme rappresentavano anche un luogo dove rilassarsi facendo bagni e esercizi ginnici, giocare e intrattenersi con amici. Le frequentavano uomini e donne, giovani e anziani di tutte le classi sociali,.

Mura. Età repubblicana. Gli scavi effettuati tra 2006 e 2007 in piazza Roma hanno messo in luce, per circa 100 metri di lunghezza, una parte delle fortificazioni repubblicane della città romana. I tratti individuati avevano un’altezza massima di 4,50 metri, spessi 3,50, interamente in mattoni. Il muro era costeggiato da una strada in terra battuta larga circa tre metri. Sulla strada si affacciava una “domus” della quale sono stati individuati un muro e un pavimento a mosaico. Altri resti di mura furono ritrovati nel 1942 in piazza Roma, scavando per la costruzione di rifugi antiaerei e nel 1930, a circa otto metri di profondità, nella zona dell’attuale Mercato Albinelli. Mutina fu un centro fortificato dalla fondazione (183 a.C.) e forse anche prima poiché, come raccontano Livio e Polibio, tra le sue mura si rifugiarono nel 217 a.C. i triumviri incalzati dalla rivolta dei Galli Boi a Piacenza.

Domus. I-III secolo d.C. I lavori del 1964 per abbattere il tribunale e costruire la Cassa di Risparmio in piazza Grande trovarono resti d’una domus d’età imperiale. Si recuperò, a una profondità fra 5 e 6 metri, una porzione di mosaico, databile fra seconda metà del I e inizio del II secolo d.C. conservato oggi nella sede centrale della banca. Alla stessa domus sono riconducibili strutture murarie, pavimentazioni e materiali recuperati nello scavo del 1985 – 86, per la realizzazione di un piano interrato della banca. Si trovò una bonifica con anfore della metà del I secolo d.C. che doveva colmare un corso d’acqua deviato per favorire l’espansione nella parte occidentale della città. L’edificio fu in uso fino a fine III secolo d.C. quando la zona cominciò a essere abbandonata. Tra il IV e il VI secolo l’area, in rovina, venne destinata a necropoli, come testimonia il rinvenimento di una tomba a fossa semplice.

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