Passione su due ruote: il Museo della Figurina celebra i due secoli di storia della bicicletta

Una mostra che è un atto d’amore verso un mezzo di trasporto rivoluzionario, simbolo di libertà. Prodotta da Fondazione Modena Arti Visive, “Bici davvero! Velocipedi, figurine e altre storie” ripercorre due secoli di storia della bicicletta, attraverso 350 tra album e figurine. La mostra, patrocinata da Federazione Ciclistica Italiana, è a cura di Francesca Fontana e Marco Pastonesi, e resterà visitabile fino al 13 aprile al Museo della Figurina di palazzo Santa Margherita in corso Canalgrande 103.

Il percorso si apre con una sezione storica sull’evoluzione del mezzo e i suoi pionieri: il barone tedesco Karl Drais von Sauerbronn, che nel 1817 inventò la Draisina, una “macchina da corsa” spinta dalla forza delle gambe, Pierre ed Ernest Michaux che negli anni ‘60 dell’800 applicarono i pedali alla ruota anteriore, fino alle leggerissime bici in carbonio di oggi.

Agli esordi la bici era definita “cavallo d’acciaio” e i ciclisti “cavalieri”. Le figurine documentano l’evoluzione dell’abbigliamento, per gli uomini mutuato da quello dei fantini (casacche in seta, stivali e cappellini ippici), poi rimpiazzati da abiti più pratici. Per le donne il mezzo rende necessario l’abbandono delle gonne a favore di gonne-pantalone, galosce e stivaletti, per muoversi agevolmente senza rinunciare all’eleganza.

Guidare una bicicletta, per una donna, era molto più complicato: la versione femminile del modello Ariel aveva due pedali su un solo lato della grande ruota anteriore, costringendo le signore a cavalcare all’amazzone. L’uso del biciclo da parte delle donne era osteggiato sia dai moralisti che lo ritenevano poco decoroso, sia dai medici, secondo i quali sconvolgeva il sistema nervoso, danneggiava gli organi di riproduzione ed esponeva al rischio di cadute. Inoltre, si riteneva che una velocipedista perdesse la grazia e il fascino che si conveniva a una signora: lo sforzo arrossiva la pelle, scompigliava i capelli, rinsecchiva il fisico. È solo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, supportata dalle riviste femminili dedicate, che la moda della bici si diffonde e anche al gentil sesso si riconoscono gli effetti benefici del pedalare.

Una sezione propone figurine di fine ‘800 – inizio ‘900 che ironizzano sulle difficoltà dei rimi ciclisti e sul contrasto tra vecchi e nuovi mezzi, con cani che azzannano ruote, scontri di pedoni e cavalieri, capitomboli vari. La mostra si conclude con le sezioni dedicate a corse e ciclisti, figurine di campioni, considerati veri e propri eroi, e imprese che nel dopoguerra restituirono agli italiani l’entusiasmo e la voglia di sognare.

Una vetrina, infine, rende omaggio a Fausto Coppi, di cui nel 2019 ricorre il centenario della nascita e nel 2020 il sessantesimo della morte. Nel percorso espositivo, anche bici come quella del ciclista Romeo Venturelli, quella da barbiere del museo Ciclocollection di Riva del Garda e una penny-farthing di fine ‘800 dalla collezione di Giannetto Cimurri.

Per info: 059.2033090

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