Coronavirus, test e tamponi. Ne abbiamo parlato col dottor Ferrari dell’Ausl

Dallo scorso 12 maggio, in Emilia Romagna, è possibile sottoporsi a un test sierologico, con prelievo del sangue, per rilevare la presenza o meno di anticorpi da Coronavirus. Si fa richiesta al medico di famiglia che valuta la situazione e, nel caso, rilascia una prescrizione per prendere appuntamento in uno dei centri autorizzati dalla Regione. In cosa consiste esattamente il test sierologico? Lo chiediamo al Dottor Davide Ferrari, Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Ausl di Modena: “È un esame del sangue – ci spiega – che rileva la presenza di anticorpi IgM e IgG, che rappresentano la risposta del sistema immunitario al virus. Trovare gli anticorpi significa che il soggetto è stato a contatto con il virus ma non attesta che sia malato. I test sierologici non sono test diagnostici, non rilevano la malattia. E’ il tampone oro-rino-faringeo che permette di diagnosticare la malattia”.

Se il test sierologico è positivo, qual’è il passaggio successivo?
In caso di positività, il soggetto deve sottoporsi al tampone naso gola, l’unico esame diagnostico in grado di rilevare il materiale genetico del virus.

Dopo il test sierologico positivo, in attesa del tampone, leggevo che occorre osservare una quarantena precauzionale…
Sì, perché il soggetto potrebbe essere ancora infetto e contagioso. Durante i giorni tra l’esito positivo del sierologico e l’esito del tampone occorre mantenersi in isolamento domiciliare. Se il tampone risulta negativo, poi, il soggetto è libero di circolare.

Di quanti giorni parliamo, in media, tra l’esito del test e quello del tampone?
La disponibilità del laboratorio di virologia del Policlinico sta aumentando, ma parliamo di circa 3/4 giorni.

Test positivo con tampone negativo ci dice che siamo venuti a contatto con il virus, abbiamo sviluppato gli anticorpi e, in quel momento, nel nostro organismo non è presente il virus. Non significa che siamo immuni, è corretto?
Esatto. L’esito positivo al sierologico non dà alcuna garanzia sull’immunità al virus. Una delle cose che deve essere chiara in questa fase è che il virus c’è ancora. E’ nuovo, non lo avevamo mai incontrato prima, non ne conosciamo ancora bene le caratteristiche. Le misure di prevenzione devono essere comunque rispettate per la tutela propria e degli altri.

In fase 2 le mascherine, il distanziamento sociale e l’igiene delle mani hanno l’obiettivo di tenere bassa la carica virale in circolazione, capisco bene?
Servono a ridurre la circolazione del virus. Fondamentale è capire che siamo ancora in emergenza, anche se la fase 2 ha portato alle riaperture e alla circolazione delle persone. Il virus c’è ancora, abbiamo ancora nuovi casi ogni giorno, per fortuna pochi, ma il virus circola ancora. Dobbiamo ancora cercare di limitarne il più possibile la circolazione e l’emergenza non è affatto finita.

In questa fase è importante anche il dato statistico che arriva dal sierologico, no?
Certo. E’ previsto che i laboratori trasmettano i dati al Servizio sanitario regionale, sia gli esiti positivi che i negativi. Sono importanti anche perché hanno un valore epidemiologico, son utili per capire quanto il virus ha circolato e quante persone sono venute a contatto. Il dato serve per definire interventi di prevenzione e di sanità pubblica. Adesso, ad esempio, l’ISS sta avviando una indagine nazionale che prevede di eseguire 150mila test sierologici a campioni rappresentativi della popolazione italiana.

di Patrizia Palladino

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