I bambini e il contagio da Covid-19, intervista alla pediatra Scalera

Una pandemia mondiale non si vedeva da più di un secolo, dai tempi, cioè, dell’influenza spagnola che circolò negli anni post Grande Guerra. Una situazione che ha cambiato radicalmente le nostre vite imponendoci pratiche come il distanziamento sociale, non facili in un epoca in cui tutto è più vicino. Per fortuna il Covid 19 sembra essere meno aggressivo nei bambini, una fascia che, però, porta con sé problematiche sottovalutate e che hanno conseguenze enormi per tutti. “Covid 19 è la prima pandemia dovuta ad agente eziologico non noto apparsa in un’ epoca mediatica come la nostra – ci spiega Elisabetta Scalera, pediatra di Modena (foto) – questo per tutti è il momento di smorzare i conflitti. Non si può pensare di scegliere fra salvaguardare la salute o l’economia. Esistono delle priorità assolute”.

Il tracciamento del virus nelle fasce infantili funziona?
Il tracciamento che consiste nella individuazione ed isolamento dei contatti non ha evidentemente funzionato a Modena, come in tutta Italia.

Cosa succede quando si scopre un caso di positività nei luoghi frequentati dai bambini?
Se il contatto avviene a scuola, si manda il bambino al drive per fare il test o del personale apposito si reca nell’Istituto scolastico e, in base alla situazione, si adottano le misure necessarie. Se invece la positività è in famiglia, è il pediatra a richiedere il tampone. Le principali criticità al riguardo sono la mancanza di una sede idonea per sottoporre un bambino ad un esame comunque invasivo, la mancanza di personale apposito, il tempo di attesa al drive e cosa molto più importante il tempo necessario per la risposta. Il dpcm del 12 ottobre sollecitava la creazione di aree idonee per l’effettuazione del tampone in età pediatrica ma a Modena è stato disatteso.

In quanto medici avete suggerito delle possibili soluzioni?
Noi pediatri avevamo chiesto che fosse istituito anche qui a Modena una sede apposita per i bambini, ma la Direzione Sanitaria non ha accolto la nostra richiesta. Inoltre non penso sia sensato chiedere di fare i test rapidi antigenici negli ambulatori pediatrici, per sopperire all’inefficienza del DSP. Tralasciando considerazioni epidemiologiche sulla sensibilità e specificità del test impiegato (la sua validità diagnostica, il reale impatto sulla diffusione dell’epidemia da parte dei soggetti falsi negativi) ma basandosi solo sul buon senso, è un rimedio fallace. Si tratta di uno di quei casi in cui la toppa è peggio del buco. Questa soluzione è potenzialmente molto pericolosa, aumentando i rischi di contagio, in un momento già molto delicato.

Come sta andando la situazione in asili e scuole?
Non conosco di preciso i dati scolastici Modenesi. Conosco invece l’incidenza dei casi positivi in età pediatrica a Modena dalla fine di settembre ad oggi. A settembre i positivi nella fascia di età 0-5 anni erano 22, ad ottobre 126, nella prima settimana di novembre 43. Nella fascia tra i 6-14 anni 54 a settembre, 450 ad ottobre e 220 nella prima settimana di novembre. Una percentuale di positività sui tamponi effettuati molto inferiore rispetto alle altre fasce di età qui a Modena, intorno al 12-14%. Se un bambino resta a casa con la febbre, come tutte le volte che si ammala, il genitore deve chiamare il suo medico e insieme decidere cosa fare. Esistono dei percorsi pediatrici prestabiliti.

I bambini resistono meglio al Covid?
I bambini per fortuna si ammalano bene. Nella precedente fase dell’epidemia i soggetti che hanno contratto la malattia nella fascia di età 0-18 sono stati 4.400 circa, l’1,9% dei totali. I casi gravi sono, come per gli adulti, forme con interessamento prevalentemente polmonare, che può precipitare in una insufficienza multiorgano. Inoltre a Bergamo, è stato segnalato un aumento delle malattie Kawasaki.

I bambini possono essere vettori della malattia pur non mostrandone i sintomi?
Studi recenti affermano che i bambini piccoli possono contrarre il virus presso le strutture di assistenza all’infanzia e diffonderlo ai contatti stretti. Questi studi hanno dimostrato che la carica virale era più alta nei bambini nei primi due giorni di sintomi, rispetto agli adulti ospedalizzati gravi. Quindi i bambini possono trasportare, indipendentemente dalla suscettibilità alla malattia, alte cariche virali ed essere fonte di contagio.

Si conosce il motivo per cui il Covid sembra essere meno aggressivo sotto una certa età?
Diverse sono le ipotesi e possono essere riassunte in due punti principali. In età pediatrica sotto i 10 anni ci sarebbe una diversa densità di un recettore sulle cellule polmonari, quelle a cui si attaccherebbe il coronavirus. Inoltre nei bambini è più attiva una risposta immunitaria diversa da quella dell’adulto, di tipo cellulo mediata. Per inciso le vaccinazioni sembra aiutino i bambini a sviluppare questo tipo di immunità, un altro buon motivo per continuare a vaccinarli.

di Francesco Palumbo

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