I giovani in agricoltura: l’intervista a Fabio Lambertini di Coldiretti

Secondo i dati della Camera di Commercio, le imprese agricole modenesi guidate dagli under 35 sono il 5,4% sul totale e l’Italia è al vertice in Europa per il numero di aziende agricole giovani. L’altra buona notizia è che il settore si mantiene stabile e che continua ad attirare giovani imprenditori. Uno di questi, 29 anni appena compiuti, è Fabio Lambertini, di recente confermato come delegato di Coldiretti Giovani Modena. Insieme alla famiglia e al fratello porta avanti un’azienda agricola a Camposanto.

Una tendenza, in atto da qualche anno, vede i giovani tornare alla terra. Rivisitano un mestiere antico, portando con sé qualcosa di nuovo. E’ così anche per lei?
In questo momento assistiamo a un evidente cambio generazionale. Innovazione e ripresa del territorio sono aspetti sui quali anche Coldiretti punta molto. Per me sono stati di aiuto gli incentivi europei, usati per riprendere in mano l’azienda di famiglia e investire. Su questi incentivi, la comunità europea è molto attiva. Se dobbiamo stare ad aspettare che ci trovino un lavoro, è meglio se ce lo creiamo noi. Per chi non ha un terreno, però, è piuttosto complicato investire da zero ma in Italia esiste una ‘banca dei terreni’ per under 40, da acquistare con investimenti a tassi quasi zero. (cfr www.ismea.it).

I giovani agricoltori non incarnano più solo l’immagine del contadino con la schiena curva. La fatica rimane ma i giovani portano novità come il biologico, il km zero, internet e la ristorazione, o no?
Si punta molto sull’innovazione, su nuovi metodi di irrigazione e su macchinari che riducono il lavoro fisico al minimo. Poi sì, c’è la nuova tendenza del km zero e di vendere direttamente il proprio prodotto, anche grazie alla legge di orientamento del 2001 che ha dato la possibilità alle aziende di diversificare, aggiungendo l’agriturismo, la bancarella o la fattoria didattica. In effetti, si sta aprendo un mondo.

L’azienda arriva a lei e a suo fratello dai genitori e dai nonni. Quali le differenze rispetto al passato, la vostra impronta si vede già? Progetti in cantiere?
Stiamo investendo molto sulla micro irrigazione per risparmiare e abbiamo un progetto di frutteto biologico per puntare a quel mercato. Mio fratello, per l’agriturismo, sta studiando novità in cucina. Abbiamo tanti progetti, ma i tempi sono lunghi nel nostro settore.

Quello dell’agricoltore è sempre stato un lavoro faticoso e poco remunerativo. E’ ancora così o novità come la vendita online aiutano?
La vendita diretta con internet aiuta molto, ma resta un lavoro duro. Non è una passeggiata, è faticoso ma può dare molte soddisfazioni, tra cui il contatto con la natura e il vivere all’aria aperta. Di certo non si diventa ricchi, altrimenti lo farebbero tutti!

Gli agricoltori 2.0 vanno in vacanza o come i colleghi del ‘900 lavorano sempre?
Io lavoro undici mesi all’anno e un mese vado in vacanza in giro per il mondo. Mi piace viaggiare con lo zaino in spalla e andare a scoprire l’agricoltura degli altri paesi. L’anno scorso sono stato in Nuova Zelanda, dove sono molto avanti sui vigneti e sugli allevamenti, poi ho visto anche il Cile che ha un approccio molto diverso e si sta evolvendo in fretta. Penso comunque che l’Italia sia tra i primi paesi al mondo in fatto di agricoltura, ma c’è sempre qualcosa da imparare dagli altri!

Siamo stati da poco alle urne, cosa chiede un giovane agricoltore a un eventuale nuovo governo? Quali possono essere le priorità?
Come Coldiretti, abbiamo fatto delle proposte già prima del voto. Si tratta di 5 punti che vanno dalla battaglia sulle etichette all’istituzione di un ministero del Cibo, perché ora come ora se un agricoltore deve attivarsi per fare qualcosa, deve passare dal Ministero dell’Agricoltura, da quello dell’Ambiente, dal Ministero della Salute e da quello dell’Economia, sarebbe importante avere un unico ministero. Abbiamo chiesto anche l’eliminazione del segreto sulle importazioni e una nuova legge sui reati agroalimentari per contrastare le agromafie oltre alla semplificazione burocratica per le imprese agricole.

Riconoscimenti quali Dop, Igp e altri, in che modo fanno bene all’agricoltura?
Sono importanti per distinguerci sul mercato, dando valore ai nostri prodotti, altrimenti siamo in balia di quel che viene dall’estero. Queste diciture aiutano a riconoscere il valore aggiunto dei nostri prodotti. Sono tante anche le battaglie all’estero per fare riconoscere i prodotti italiani e la battaglia sulle etichettature è molto importante. E’ fondamentale che in etichetta compaia l’origine italiana di frumento, pomodoro, riso e di altri prodotti, dobbiamo puntare su questo soprattutto per informare correttamente il consumatore finale che così ci può premiare.

di Patrizia Palladino

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