La maturità dei proff: il racconto di Rossano Casarini, docente di Storia e Filosofia

E’ stata una prova impegnativa anche per i professori, l’anno del coronavirus ha richiesto loro uno sforzo aggiuntivo in termini di creatività e impegno nell’utilizzo delle nuove tecnologie per mettere in piedi, al meglio e più in fretta possibile, la Didattica a Distanza. Il racconto e il punto di vista del Professor Rossano Casarini, docente di Storia e Filosofia al Liceo Scientifico Manfredo Fanti di Carpi.

A esami conclusi, come valuta la Didattica a Distanza durante il lockdown?
La nostra scuola si è organizzata subito molto bene, tutti i docenti hanno fatto di necessità virtù e si sono impegnati al massimo per produrre un lavoro adeguato nella qualità didattica e nella relazione con i ragazzi. Ci siamo appoggiati alle piattaforme e alle App. I ragazzi e le loro famiglie hanno espresso valutazioni positive, quindi direi che l’obiettivo è stato centrato. Se devo fare un bilancio, però, dico che è stata una didattica con luci e ombre. Appena 10 anni fa, in una situazione come questa, le scuole sarebbero state semplicemente chiuse, forse, e i ragazzi avrebbero vissuto un buco nero completo, didattico e relazionale. Con la DAD abbiamo messo una pezza che però rimane, appunto, una pezza senza la quale saremmo stati a terra, ma la scuola è un’altra cosa”.

Si è trattato in effetti di un rimedio temporaneo…
Sì e dovremo fare tesoro di questa esperienza, continuando a utilizzare alcuni strumenti che abbiamo imparato a conoscere, ma la presenza in classe è centrale. L’occhiata che dai al ragazzo per vedere se capisce, la domanda estemporanea di chi chiede di approfondire e la vicinanza tra di loro. In presenza si creano alchimie non ripetibili a distanza. La DAD, alla fine, è meno efficace ma è stato uno strumento molto utile”.

Come si svolgeva una lezione tipo?
Io ho 5 classi e avevo un orario che rifletteva quello della didattica in presenza. Alcuni minuti prima dell’inizio mandavo, via mail, ai ragazzi il link per assistere alla video lezione su Google Meet e, quando erano tutti presenti, cominciavamo. La didattica a distanza, però, non può essere solo una lezione frontale in video, va integrata prevedendo momenti di scambio con i ragazzi per sondare, ad esempio, la comprensione dei testi o con presentazioni in PowerPoint e altro. Ci deve essere produzione anche da parte loro altrimenti la distanza è troppa ed è difficile capire il grado di coinvolgimento. Il mezzo impone di ideare una didattica diversa, non basta la spiegazione con un libro”.

I ragazzi hanno usato tecnologia e social in un modo nuovo no? Abituati come sono ad associarli a socialità e intrattenimento…
Assolutamente sì e hanno molto apprezzato. Abbiamo i gruppi classe su Whatsapp dove, tutt’ora, possono chiedermi qualsiasi cosa. Siamo connessi continuamente e questo implica un ripensamento del ruolo dell’insegnante. Sei più coinvolto, c’è meno distacco tra docente e alunno, con queste tecnologie siamo diventati tutti un grande gruppo”.

Questa maturità in emergenza sanitaria sarà ricordata come un’esperienza insolita…
Questo esame passerà certamente alla storia, soprattutto per le modalità con cui si è svolto. Una sola prova, l’orale, che catalizzava 40 punti su 100, una quota molto importante, poi la mascherina che copriva la faccia, il rispetto delle distanze, l’ingresso scaglionato dei ragazzi, il disinfettante distribuito a profusione. Tutto questo ha fatto un po’ perdere l’aspetto rituale della maturità ma per il resto, devo dire, è stato tutto uguale”.

Dal punto di vista emotivo, come ha visto i ragazzi ‘a distanza’?Distratti, incuriositi o timorosi rispetto alla nuova modalità?
In effetti, mostrarsi a una telecamera ti mette molto in gioco. All’inizio alcuni erano piuttosto restii e sceglievano di comparire solo con il nome o con un’icona poi, piano piano, hanno cominciato ad accendere la telecamera del computer e a mostrarsi, ma non tutti. C’era una sorta di timidezza”.

Non è la sua prima maturità da professore, quest’anno secondo lei gli studenti hanno pagato il prezzo del lockdown? Li ha trovati più fragili, disorientati?
Io li ho trovati bene, preparati e, in generale, abbastanza tranquilli. Ne ho esaminati una cinquantina ed è chiaro che ci sono sempre quelli un po’ più in difficoltà ma credo dipenda più dall’indole e dal carattere che dalla situazione di emergenza. Io credo che abbiano superato bene il lockdown, la situazione strana e le notizie confuse e non certo belle che arrivavano. Credo che abbiano retto bene, sperando sia finita qui…”.

Come immagina, a proposito, il rientro a settembre?
Credo sarà molto problematico. Se dovremo rispettare i protocolli di cui si sentiamo parlare in questi giorni, sarà un anno difficile. Anche solo il fatto di dovere indossare la mascherina per 5 ore, tutti insieme in un classe, parlare e non capirsi bene perché il suono è ovattato, l’igienizzazione degli spazi e tutto il resto. Sarà un anno complicato. Vedremo”.

 

di Patrizia Palladino

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