L’addio dei modenesi a Mirella Freni

Un assolato mercoledì di febbraio ha accolto, con una temperatura insolitamente mite, l’ultimo saluto della città di Modena alla sua illustre concittadina, la grandissima Mirella Freni. Nel primissimo pomeriggio, un composto corteo è sfilato lungo corso Canalgrande e via Emilia per approdare in duomo.
Non era una che si dava delle arie“, dice la signora Wanda. “Era proprio così. Alla buona, ecco. Ho avuto l’occasione di vederla anche a teatro e son stata contenta. Ne abbiam già persi due, di tasselli modenesi. Sia lei che Luciano. Mi dispiace.“. Anche Antonia segue il corteo: “infinito affetto per lei. L’ho ascoltata in trasmissioni tv, nei dischi. Certo una voce perfetta, una meraviglia.”
Ascoltando le testimonianze ermerge questa capacità di Mirella Freni di suscitare identificazione, nonostante il talento stellare che la rendeva unica.
Era una signora“, dice Antonella, “e allo stesso tempo una delle nostre. Io facevo parte del coro del teatro; abbiam fatto più di un’opera insieme e lei era sempre molto disponibile. C’ho delle foto qua, per farle vedere alle mie amiche.”
Incrociamo Alberto Mattioli, modenese anche lui e critico musicale, oltre che firma de La Stampa. Gli chiedo perché in tanti si identificano in lei. “Bisognerebbe distinguere le due figure di Mirella“, spiega. “Una è l’artista che ha già il suo posto, molto importante, nella storia dell’interpretazione lirica. Si era ritirata nel 2005 dopo una carriera straordinaria, per qualità e durata. Mezzo secolo di canto è davvero tantissimo. A quei livelli. Poi c’era la donna che non aveva bisogno di fare l’antidiva, e che ha incarnato al meglio le virtù di questa città. Adesso tutti diranno che Mirella era una di noi. Non è vero, Mirella era migliore di tutti noi. Aveva un culto del lavoro fatto bene, dell’impegno con una durezza professionale, con se stessa e anche con gli altri, ma raddoppiata da una personalità solare, ironica. Non se la menava troppo.
Preziose le testimoniance di due allieve della Freni. Evgènija, russa, ammette di sentirsi “triste perché non solo abbiamo perso una maestra e un grande esempio, ma si perde un’epoca, una storia d’oro dell’opera.” Le chiedo quale consigli conserva con maggior attaccamento, e lei risponde: “Diceva sempre: ragazzi, non abbiate fretta di arrivare e di cantare perfettamente. Ognuno ha il proprio tempo. E siate severi con voi stessi.
Sarah è israeliana e parla solo inglese. Spiega: “studiare con lei mi ha cambiato la vita: conoscerla prima come leggenda e poi anche come insegnante. Era un’insegnante “very demanding”. Si capiva che ci teneva davvero molto a noi, alla nostra formazione. Lavorava non solo sulla tecnica ma sull’intera personalità, invitandoci a conoscere profondamente la musica.”
Grazie Mirella!

 

di Francesco Rossetti

WP-Backgrounds Lite by InoPlugs Web Design and Juwelier Schönmann 1010 Wien