Parla Jeffrey Boateng: “Alla serata Mo.Ma costretto a fare la fila per gli extracomunitari..”

Foto: Alejandra Tomasi

Negli ultimi giorni è calato come una mannaia l’eco mediatico seguito alla denuncia di Abi Zar, ragazzo di colore cresciuto nella Bassa modenese. Il giovane, nella notte tra venerdì 13 e sabato 14 gennaio, si è recato alla discoteca Kyi di Baggiovara in cui era in programma una serata organizzata dall’agenzia Mo.Ma. Era insieme ad alcuni amici, tre ragazzi e una ragazza. Al momento dell’entrata il buttafuori gli ha intimato di entrare da un ingresso diverso, perché “questa è la regola“. Ma perché Abi deve entrare da un ingresso diverso? L’unica differenza rispetto ai suoi amici è il colore della pelle. Lui è di colore, gli altri ragazzi no. Sembra incredibile, ma questo è quanto è stato raccontato. E a quanto pare non si è trattato di un episodio isolato.

Jeffrey Malvin Owusu Boateng è un ragazzo residente a Modena che ha vissuto la medesima esperienza la sera di venerdì 6 gennaio, una settimana prima della denuncia di Abi. Ha gentilmente accettato di raccontarci come sono andate le cose.

La denuncia è già stata depositata, è corretto?

Si, ieri (lunedì 16 ndr) siamo andati in questura io e Abi per denunciare il fatto. La polizia ci ha proposto un esposto invece che la denuncia, una sorta di segnalazione che dà via a delle indagini senza che nessuno debba essere convocato. Abbiamo accettato, ma uscendo dalla questura abbiamo a trovarci ad attenderci molti giornalisti che hanno cominciato a fare domande. A quel punto sono usciti il segretario del questore e il poliziotto che ci aveva interrogato e ci hanno portati su dal questore. Lì abbiamo fatto una denuncia vera e propria”.

Jeffrey, cosa è successo la sera di venerdì 6 gennaio?

Ci siamo recati al Kyi di Baggiovara per passare una serata normale, tra amici. Eravamo in sette, quattro sono arrivati prima di noi. Io, un altro mio amico di colore e una mia amica siamo arrivati dopo. Ci siamo messi in fila, la ragazza è entrata subito, mentre noi siamo stati invitati a spostarci e a fare la fila da un’altra parte. Consapevoli che al Kyi c’è una fila per le ragazze e una per i ragazzi ci siamo spostati nella colonna di fianco e lì abbiamo incontrato due dei nostri quattro amici arrivati prima. Uno è un cinese-vietnamita scuro di pelle, l’altro è un palermitano scuro di pelle. Ci hanno spiegato che gli altri due ragazzi bianchi erano entrati subito mentre loro erano stati “dirottati” lì. A quel punto mi è venuto un dubbio e ho chiesto spiegazioni al buttafuori. Mi ha detto che quella era la fila per gli extracomunitari, dove l’ingresso costava 25 euro senza consumazioni. Dall’altra parte il costo era 12 euro con due consumazioni. Lì per lì non ho pensato di chiamare la polizia, la cosa più logica da fare. Ho chiamato un mio amico che lavora all’interno del locale, il quale si è adoperato per comunicare con i gestori. Poco dopo è tornato e mi ha detto che aveva garantito per noi e che quindi per quella volta potevamo entrare dall’ingresso principale. Ci ha chiesto per favore di non comportarci male, altrimenti sarebbe finito in grane anche lui. Successivamente ho incontrato un ragazzo di colore che conosco da qualche settimana e mi ha spiegato che lui era entrato pagando 25 euro perché non voleva fare del casino. Una volta a casa ho denunciato il fatto sui social e una settimana dopo è tornato ad accadere. A quel punto ho fatto la denuncia insieme ad Abi”.

Conoscevi Abi prima di fare la denuncia?

“No, ci siamo conosciuti in questi giorni. Sono rimasto ancora più sorpreso dalla sua storia perché lui era con quattro amici tutti bianchi e lui è stato l’unico discriminato. Ho parlato con una persona che conosco che lavora per il Mo.Ma e mi ha confermato che questa politica è stata decisa durante una delle loro riunioni di staff”.

I tuoi amici modenesi che erano con te quella sera hanno protestato per questo trattamento?

Hanno provato a chiedere spiegazioni ad alcuni amici che lavorano lì. Uno di questi ha dichiarato che la disposizione è stata presa per contrastare un gruppo di ragazzi che in passato è entrata nel locale e ha commesso dei furti. Non regge però come spiegazione perché queste persone sono state individuate e ora non possono più avere accesso al Kyi. Tra l’altro io sono un cliente abituale e molte persone del Mo.Ma mi conoscono. Leggere il comunicato dell’agenzia in cui si diceva, in pratica, che ero un bugiardo non mi ha fatto piacere.

Avete chiesto il motivo del netto divario del prezzo di accesso tra le due file?

Di solito in lista il prezzo è 12 euro con due drink, quello intero è 15 euro, non è mai stato 25. Sinceramente mi sono venuti i brividi, non ha senso dover pagare più del doppio tra una fila e l’altra. Forse pensavano che le persone di colore non possono permettersi un prezzo così alto, ma hanno fatto male i loro calcoli. Da quel che ho visto io è successo solo alle persone scure di pelle.

Qualcuno dello staff del Mo.Ma ti ha contattato per chiederti scusa?

I gestori del Mo.Ma non si sono messi in contatto con me, ho chiesto spiegazioni ma non mi sono arrivate. Io non voglio giustificazioni, vorrei sapere per quale motivo sono stato trattato così.

Da quel che tu sai questi episodi si sono verificati anche prima del 6 gennaio?

Da quel che so questa disposizione è stata decisa in una riunione di fine anno, rappresenta una novità del 2017. Quindi non penso si siano verificati episodi analoghi prima del 6 gennaio perchè si è trattato della prima serata del nuovo anno. So che loro hanno parlato di un malinteso, ma può capitare una volta, se succede due volte, almeno, nel giro di una settimana significa che c’è qualcosa che non va.

Avete consultato un legale?

Ho parlato con la mia mamma bianca che è a stretto contatto con un avvocato molto importante e competente. Mi è stato consigliato di fare la denuncia subito sui social, cosa che ho fatto. Poi sono andato a fare la denuncia in questura che è stata compilata dalla Digos sotto la supervisione del questore stesso, ergo si tratta di episodi che non possono essere lasciati cadere come se niente fosse.

Di Mattia Giovanardi

 

 

 

 

 

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