40 anni di avanspettacolo, le memorie di Daniele Rubboli

Nel ‘secolo breve’ Modena è stata anche una tappa d’obbligo del miglior avanspettacolo italiano. Le compagnie di comici, ballerine, cantanti, illusionisti approdavano al Teatro Storchi, come racconta “L’ultimo avanspettacolo”, il documentatissimo libro che Daniele Rubboli ha pubblicato con l’editore modenese Il Fiorino e che presenterà alla libreria Emily venerdì 2 dicembre e direttamente al Teatro Storchi venerdì 16 dicembre.

Rubboli, com’è nata l’idea del libro?
Sono passati tanti anni da quando, intorno alla fine degli anni ‘60, un anziano maresciallo dell’esercito che si chiamava Valter Velletri, e che collaborava all’allora con la Gazzetta dell’Emilia, con sede in piazza Mazzini, mi regalò un malloppo cospicuo, ma davvero cospicuo, dove aveva tenuto registro degli spettacoli di ogni genere (opera lirica, drammi teatrali, commedie, operette, riviste, varietà e avanspettacoli) allo Storchi. Io ero solo un giovane gazzettiere, ma ricevetti questo regalo inatteso. Un archivio di cui mi sono servito per cogliere delle informazioni qua e là per quello che scrivevo, poi un bel giorno mi sono detto che valeva la pena dedicare uno studio all’avanspettacolo a Modena. E poi ritenevo che quel vecchio collaboratore della Gazzetta lo meritasse.

Erano spettacoli di rivista?
Di piccola rivista, sebbene di qualità, collegati alla visione di un film. L’avanspettacolo è un’idea del regime fascista, che voleva che la gente andasse di più al cinema. I film molto spesso erano di propaganda per il partito. Non solo, allora erano cominciati i film Luce, una sorta di antenato dei telegiornale, smaccatamente di propaganda. Per far sì che la gente andasse al cinema, s’inventarono questo prologo, con le donnine seminude che ballavano, i comici canzonettisti, etc. Mentre la rivista, il varietà, il café chantant si facevano da tempo, ma non avevano il film abbinato.

C’era sempre anche un film?
Sì, infatti penso che il libro possa risultare prezioso anche per gli amanti del cinema. Si scopre cosa veniva proiettato a Modena dal 1933 al 1971. Lo Storchi era anche uno dei cinema della città.

Il libro è anche una storia dell’avanspettacolo italiano?
Sì, perché allo Storchi tutte le compagnie di un certo livello sono passate, dalla Sicilia, da Roma, da Napoli, da Trieste, da Torino, da Genova, dalla Toscana. E ho trovato anche alcuni artisti modenesi che hanno fatto avanspettacolo.

Lo Storchi era nato per il varietà?
No, era stato costruito a fine ‘800 come classico Politeama, come teatro che ospita di tutto, dagli incontri di boxe e lotta libera ai circhi equestri. Al tempo non avevano il tendone, ma si esibivano nei teatri. Svuotavano la platea, mettevano giù la segatura. Lo Storchi è stato anche il tempio dell’Operetta. Per decenni ha offerto una stagione alternativa al Comunale con l’opera lirica.

Che pubblico era quello modenese?
Un pubblico di tutte le classi, al pomeriggio c’erano molti militari, qualche studente che andava per vedere un po’ di nudità. Il sabato e la domenica accorrevano dalla provincia. Arrivavano da Sassuolo, da Concordia, da Mirandola. A differenza del pubblico da Roma in giù che sfotteva gli artisti (es. il famoso “facce ride”), il pubblico modenese sfotteva altri spettatori. Quelli del loggione si rivolgevano a quelli in platea dicendo cose del tipo: “Giovanni, lo sai che il tuo bottegaio ti cerca da quindici giorni, glielo dico che eri in platea”, oppure “Alberto, tua moglie ti ha dato il permesso di venire stasera a teatro? E lei cosa fa?”

Rubboli, quando l’avanspettacolo è andato in declino?
Nel ‘69 alcuni impresari di Milano importarono in Italia lo strip-tease da Parigi, sempre abbinato al cinema. Fu un boom che nel giro di un paio di anni cancellò l’avanspettacolo, per poi declinare in fretta a sua volta.

Quali erano le star dell’avanspettacolo?
Beh, per esempio nel 1935 nasce uno dei più grandi comici italiani, che debutta poco più di un ragazzo proprio nell’avanspettacolo, e si chiamava Carlo Dapporto. Una soubrette di Bologna l’aveva conosciuto a Riccione e scoperto, e lui faceva l’imitazione di Stanlio e Ollio.

Un aneddoto tipicamente modenese?
Una volta Renato Rascel era un po’ in ritardo con i pagamenti alla trattoria. Si decise a saldare quando la padrona del locale, una signora piuttosto in gamba, gli sequestrò la chitarra.

Sarà una bella festa la presentazione allo Storchi?
Me lo auguro. Ci sarà anche uno spettatore doc di quell’epoca e spero che lui abbia ancora qualche memoria da condividere. È Claudio Camola, il famoso oste de La Piola. Lui era uno di quelli che andavano ad aspettare le ballerine quando uscivano.

E con la guerra? Ci fu un’interruzione degli spettacoli?
Sì, ma breve, questione di mesi. Una volta saltò lo spettacolo con il campione dei pesi massimi Primo Carnera, che poi aiutò ad estrarre i feriti del bombardamento.

Di Francesco Rossetti

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