Ciacarare Modenese: Càppo, un passe-partout di comunicazione

Càppo. In italiano: capo. Esclamazione simpatico-perculatoria tipica nel passato prossimo con la quale si cercava di attirare l’attenzione di un addetto a mansioni di servizio. Esempi: al bar: ‘Scusi càppo…due caffè…; al ristorante: Càppo…ci porta il bere che siàm pronti per ordinare…?’; al distributore ‘Mi fa il pieno di benza, càppo?’ eccetera. L’importante era essere assolutamente sicuri che colui al quale si lanciava un vivace ‘càppo’ non fosse in realtà capo di un bel càz di niente, ma soltanto maestranza, forza lavoro, un tapino servitore della gleba o un anziano camarro sciancato con la divisa coi castroni e la dentiera ballerina. Distante da intenti di dileggio ma efficace poteva rivelarsi il ricorrere a ‘càppo’ per attirare l’attenzione di qualcuno del quale o si ignorava il nome o non si aveva a disposizione una chiara posizione professionale da urlare in caso di necessità.

Prendiamo per esempio il compianto venditore di romelìne di stanza allo stadio Braglia in Modena, l’indimenticabile Rumèla conosciuto anche come Rommel: per guadagnarsi la considerazione del richiestissimo elargitore di sgranocchievolezze non tutti trovavano dentro di se’ la sfacciataggine di gridare ‘Rommel’!. Magari non v’era confidenza. Non ultima la difficoltà ad estrarsi dalla marùga la giusta definizione corporativa di Rumèla (romellinista?). Ecco che allora veniva buono uscirsene con un tenorile ‘Qui càppo…romelle!).

Poi l’utilizzo di càppo (un passe-partout comunicativo di grande efficacia) ha iniziato a scemare fino a che, curiosamente, il suo recupero è avvenuto nel più inaspettato dei modi. Per qualche motivo antropologico, bighellonanti extra di origine africana, nella loro alacre attività questuante, hanno preso a rivolgersi ai noi possibili dispensatori di monetine, con vivaci e coloriti ‘càppo’, caratterizzati da una pronuncia che fa molto Mami di Via Col Vento ma comunque efficace. Si vede che anche loro sanno che non siamo càppo di un càz di niente, e in qualche modo ci prendono per il sedere.

di Stefano Piccagliani

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